Crypto non significa diavolo

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Nuovamente torniamo a scrivere su quanto sta accadendo nel mercato delle cryptovalute.

Di recente un nuovo terremoto si è abbattuto sul mercato delle valute digitali con la notizia che l’Exchange centralizzato FTX è ricorso al fallimento mediante la procedura del Chapter 11, sulla base della quale la società, affidata ad un nuovo amministratore, continuerà a lavorare nel tentativo di rimborsare il maggior numero di creditori.

Ed ecco che, come accaduto ai tempi del collasso di Terra-Luna e Celsius, tutti i media scrivono e argomentano sulla fragilità del sistema adducendo a scenari ulteriormente nefasti per il mercato digitale e le sue derivazioni.

Per questo si ritiene doveroso fare alcune considerazioni su quanto accaduto e, in modo neutrale, apportare le corrette informazioni su come sia stato possibile che il secondo Exchange più grande al mondo, dopo Binance, sia collassato in poche ore.

FTX è nata ad inizio 2019 ed è cresciuta a ritmi vertiginosi, raggiungendo una valutazione di 32 miliardi di dollari in appena tre anni, diventando la seconda piattaforma di scambio crypto al mondo. Binance ci aveva investito parecchio nella prima fase, per poi liquidare la propria posizione nel luglio del 2021, mantenendo tuttavia, due miliardi di dollari in FTT, valuta proprietaria di FTX.

Durante l’estate 2022, con il settore delle criptomonete in profonda crisi, FTX si propone per il salvataggio di realtà in disgrazia (come Voyager e Celsius) portando diverse riviste a paragonare il CEO di FTX a John Pierpoint Morgan – il leggendario banchiere statunitense che durante il panico finanziario del 1907 organizzò una coalizione di finanziatori per salvare il sistema monetario americano dal crollo.

Sam Bankman-Fried, questo è il nome del CEO di FTX noto anche con l’acronimo SBF, pur avendo solo 30 anni, era considerato il più grande esperto del mondo crypto avendo, tra l’altro, accumulato una fortuna miliardaria grazie all’ascesa del suo Exchange FTX. Poco più di una settimana fa il patrimonio di Bankman-Fried si stimava in poco più di 15 miliardi di dollari. Ad oggi ammonta a 1 miliardo.

Cosa ha provocato la caduta di un Exchange così solido che era secondo solo a Binance nel panorama mondiale?

Possiamo affermare che la colpa è delle crypto monete e della loro alta rischiosità?

Risponde al vero, come affermano molte banche, che l’industria delle crypto monete non offre sufficienti garanzie alle persone e agli investitori, perché non sono trasparenti e gli operatori possono agire come vogliono? E come mai, invece, i numeri uno della General Reserve e della BCE insistono sulla ricerca di una valuta digitale?

Cerchiamo di analizzare insieme la situazione generale, in modo razionale e senza pregiudizi, valutando alcuni elementi che, anche se apparentemente scontati, considerati unitamente, chiariscono molte delle affermazioni sicuramente errate da parte dei maggiori quotidiani.

Per analizzare il mercato delle crypto valute dobbiamo ritornare agli albori, quando tutto ebbe inizio.

Nascita della prima crypto moneta

La comparizione della prima crypto moneta nel mondo è nota come Bit Coin, inventata da Satoshi Nakamoto nel 2008, che pubblica il protocollo in una mailing list di crittografia, (https://satoshi.nakamotoinstitute.org/emails/cryptography/1/). Non si sa chi sia veramente Satoshi Nakamoto, ma si sa che il 16 novembre dello stesso anno Satoshi rilasciò il primo codice (Bitcoin Pre-Release), il 3 gennaio del 2009 minò il primo blocco della blockchain, coniando i primi 50 BTC, ed il 9 gennaio pubblicò la prima versione ufficiale del software (Bitcoin v0.1.0).

Il motivo che spinse questo inventore o gruppo di persone (Satoshi Nakamoto sembra sia uno pseudonimo e non una persona reale) a creare una moneta virtuale, fu il fallimento della Lehman Brothers che trascinò il mondo in una forte crisi economica, paragonabile a quella del 1929.

Infatti, il concetto alla base dell’idea di creare una moneta laterale alle monete fiat non era quello di creare una moneta speculativa, ma di avviare un processo mediante una moneta slegata dagli schemi bancari e dalle crisi finanziarie e che potesse in qualche modo affiancare (o addirittura sostituire) il circuito finanziario tradizionale.

Purtroppo, le intenzioni e la realtà cambiarono molto rapidamente negli anni, ed il Bit Coin è diventato oggetto di enormi speculazioni, conseguendo certamente il ruolo di moneta digitale regina, ma aggiungendosi alle – preesistenti e già note – operazioni di trading, allontanandosi dall’obbiettivo, cioè il suo uso nell’economia reale.

I primi passi del mercato delle valute digitali

Il mercato delle valute digitali, visto l’interesse mostrato dai nerd informatici, inizia a svilupparsi tecnologicamente. Iniziano a nascere nuove monete virtuali e nuove piattaforme blockchain, nuove app tecnologiche e nuovi dispositivi.

Termini come DE.Fi, DAO, DAP ecc. iniziano ad affacciarsi associandosi a nuove figure come Exchange centralizzati, Exchange decentralizzati ecc.

In pratica il sistema in 10 anni si evolve e crea un’industria che basa i suoi principi fondanti sulla speculazione. Tutto differente dalle intenzioni originali.

In altre parole, il nuovo sistema che doveva proteggerci dalla speculazione ne diventa il principale motore, suscitando l’interesse delle persone come se fosse la panacea di tutti i mali, diventando un eldorado che promette di arricchirsi rapidamente.

Cosa non funziona?

La finanza tradizionale, negli anni, per poter evitare il ripetersi di catastrofi economiche, ha generato normative che regolano il mercato monetario e finanziario, includendo un principio importante nelle relazioni tra i competitor e le autorità, l’insider trading e l’aggiotaggio. Usare informazioni privilegiate per manipolare il mercato o diffondere notizie forvianti, false, tendenziose, che manipolano il mercato è un reato grave e punito severamente dalle autorità.

Se questo vale per la finanza tradizionale, così non è, purtroppo, per l’industria delle crypto valute.

Aggiungiamo inoltre il principio per il quale la velocità di espansione dell’industria delle monete virtuali e la crescita esponenziale di gruppi o società che si sono imposte nel mercato in modo considerevole, senza gli stessi ammortizzatori creati a tutela del mercato finanziario, espone le persone inesperte a decisioni che mettono a serio rischio i loro risparmi.

In soli 10 anni colossi come Binance, Kraken, Crypto.com, Coinbase, FTX (negli ultimi 4 anni), si sono imposte sul mercato fornendo piattaforme in grado di intermediare crypto monete e gestirle per conto dei clienti. Tutte società ad oggi che rientrano in un ordinamento regolamentato dalle autorità dei vari paesi, ordinamento che, però, non gode della stessa protezione se non il buon senso degli stessi proprietari.

Vediamo di rappresentare alcuni numeri.

Banca Santander nel 2020 ha dichiarato un reddito di 31,9 miliardi di euro con una capitalizzazione nel mercato azionario di poco al di sopra dei 50 miliardi.

Intesa San Paolo nel 2020 ha dichiarato un reddito di 14,3 miliardi, con una massa gestita di 1.100 miliardi e un utile netto di 3,09 miliardi, con una capitalizzazione di mercato di circa 40 miliardi.

Unicredit nel 2020 ha stimato la propria capitalizzazione di mercato in 30,1 miliardi di dollari.

UBS gestisce circa 3.381 miliardi con una capitalizzazione di mercato stimata di 61,52 miliardi di franchi svizzeri.

Guardiamo, invece, la capitalizzazione di alcuni Exchange.

FTX, valutata 32 miliardi nel 2021, fattura poco più di 1 miliardo di dollari.

Coinbase, valutata attorno a 100 miliardi nel 2021, fattura oltre 6 miliardi di dollari.

Binance, valutata oggi attorno a 100 miliardi, ha un fatturato che si aggira attorno ai 16 miliardi di dollari.

Crypto.com ha una capitalizzazione di 2,9 miliardi di dollari.

Come possiamo notare dai numeri sopra indicati, in pochi anni questi Exchange hanno raggiunto valori impressionanti, paragonabili alle maggiori banche conosciute.

Ma il dato importante è che, rispetto alle banche, gli Exchange non godono del processo della “riserva frazionaria”, ovvero, non accantonano l’1% come fanno le banche a garanzia del cliente. Il patrimonio liquido è del 100%. E quindi perché le piattaforme falliscono?

Cosa li rende vulnerabili? Sono delinquenti? Usano i soldi dei clienti a loro piacimento?

Nulla di tutto questo.

Il vero problema sta nelle regole non scritte ma applicate, dove l’Exchange deve essere liquido e immediato nella liquidabilità degli asset posti a deposito dai suoi clienti.

Cosa quindi non funziona?

L’avidità e la speculazione. In altre parole, i clienti sfruttano le piattaforme crypto per speculare senza che siano applicati gli stessi principi per salvaguardare il sistema, esattamente come previsto per le banche.

Gli oltre 6.000 anni di storia monetaria e gli ultimi 100 anni di storia industriale e di evoluzione finanziaria, hanno dotato il sistema monetario di molti ammortizzatori per la stabilità economica iniziando dalla possibilità di limitare i prelievi di liquidità, di effettuare il controllo delle riserve seppur inferiori rispetto agli attuali Exchange, di applicare le sanzioni per le notizie false o tendenziose che condizionino il mercato ecc.

Pertanto, pur essendo gli Exchange molto liquidi, nonostante siano molto più performanti delle banche, gli stessi non godono di alcuna protezione rispetto alla emozionalità dei loro clienti.

Questo li rende vulnerabili dalle emozionalità di massa che in poche ore, magari per un tweet formulato ad arte, possono ritirare tutti i loro soldi senza alcun limite di tempo e di volume.

Quindi cosa è successo in FTX?

Tutto quello che di base non sarebbe mai potuto accadere se fosse stata una banca.

Infatti: (i) Possedeva riserve superiori all’1% (quali quelle di una normale banca);

(ii) Poteva gestire senza problemi ritiri coordinati e ragionevolmente in linea con le normali operatività;

(iii) E’ risultata vittima di notizie manipolatorie e tali da indurre il mercato a reagire e ritirare in massa tutto quanto fosse possibile.

Alla base, il suo principale competitor, Binance, che, creato il rumor ideale in rete, fa scatenare il panico e quindi il crac di FTX. Liquidando le posizioni viene creata la tempesta perfetta per mettere in scacco matto FTX.

Ecco la spiegazione dell’ultimo tweet di SBF al rivale CZ nel quale lo stesso scrive “Hai vinto”.

Quindi questo mercato è spazzatura?

Assolutamente no.

Vi sono molti Exchange che applicano le stesse regole espresse nel sistema bancario quali:

a) Controllo dei prelievi;

b) Riserva frazionaria sulla base di una operatività coerente;

c) Un sistema di gestione centralizzato;

d) Consulenti che, in presenza, supportano i clienti nelle loro attività in questo mercato innovativo e complesso.

In conclusione, non sono tutti delinquenti, né sono stati sprovveduti.

L’Exchange che opera adottando un sistema di protezione a beneficio di tutti i clienti, educandoli nel corretto utilizzo delle attività e l’uso degli asset digitali, con regole che stabiliscono i criteri di sicurezza per la stabilità della piattaforma e dell’intero sistema, sono senza ombra di dubbio molto più sicuri.

Purtroppo FTX insieme a TERRA/ LUNA e CELSIUS sono state le vittime che nel 2022 hanno subito la perdita di questi parametri di sicurezza tradizionali, trovandosi in un vortice di prelievi di massa che, se gestiti, non avrebbero portato al default, grave danno per tutti i clienti.

Per questo l’educazione dei clienti, nell’evitare la speculazione ad ogni costo, deve coincidere con le regole che le piattaforme Exchange impongono a salvaguardia dell’intero sistema, come normalmente impostato dalle stesse banche.

Il mondo delle crypto valute risulta infatti assolutamente sicuro e altamente profittevole ma solo e se gestito da intermediari ed Exchange che rispettino le regole, mantenendo centralizzata la gestione e governando – a tutela di tutti i clienti – il patrimonio in custodia.

Quindi, in Italia, cosa possiamo fare?

Andiamo per gradi e vediamo di restringere il campo.

La buona notizia è che l’Italia ha iniziato a mettere mano alla disciplina del mercato degli asset digitali (e, di conseguenza, delle cryptovalute) attivando un registro presso l’Organimo Agenti e Mediatori (noto come registro OAM visibile al link: https://www.organismo-am.it/elenchi-registri/operatori_valute_virtuali/), dal 27 maggio 2022, nel quale sono stati inseriti, per operare sul territorio nazionale, gli operatori in valute virtuali che ne formulassero istanza, rispondendo gli stessi a determinati requisiti (quali ad esempio l’essere operatori già qualificati in questo mercato, rispettosi di tutti i processi AML e KYC ecc.).

Ad oggi gli iscritti sono 79, sia società nazionali sia internazionali; questo rappresenta un primo passo per tutelare tutti gli italiani che possiedano un wallet presso un qualsiasi operatore presente nel registro, ricordando che la sostanziale differenza (anche tra questi stessi operatori) consiste nella modalità di operare in forma centralizzata (con maggiori possibilità di identificare i responsabili dell’attività stessa), oppure decentralizzata (con minori garanzie), oppure – ancora – ibrida.

A tutt’oggi l’operato degli organi di controllo (sia nazionali sia internazionali) mira all’applicazione, il più rapidamente possibile, del regolamento approvato della comunità europea denominato MICar che disciplinerà più compiutamente (si presume a partire dalla fine del 2023) l’attività degli operatori per migliorare la sicurezza a garanzia dei clienti.

F1) Il grafico mostra l’andamento del Bit Coin, nel 2022, con gli eventi che si sono succeduti nei vari mesi.

Il registro OAM rappresenta quindi il primo passo importante per lo sviluppo di questa “industria” in Italia.

Marco Pedrazzoli

Consulente metaverso-blockchain-architetture digitali d’impresa

Esperto in Architetture Digitali Industriali, Sistemi di Tokenizzazione, Processi di Strutture Blockchain. Proviene dal mondo della finanza tradizionale come consulente per strutture complesse di gestione per supportare i fondi di investimento ed intermediari finanziari nella costruzione della struttura finanziaria e strategica prevalentemente nel mondo d’impresa delle PMI. Si occupa di formazione finanziaria per reti di Financial Advisor. Oggi esperto per intermediari Crypto e intermediari Exchange e DAPP. Scrittore di diverse pubblicazioni e libri sui temi finanziari e storia del mercato digitale, opera tutt’ora come relatore presso master universitari e corsi di di perfezionamento nelle universit‡. Membro del comitato organizzativo di WBTC-World Blockchain Technology Congress, Expo internazionale del panorama digitale.

 

 

Marco Locati

Avvocato – Locati e partners