Smettetela di imitare i tromboni nostrani

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Altro che Economist 

Non ho mai fatto mistero che ammiro molto il mondo anglosassone.
 
Devo, probabilmente, cominciare a fare qualche distinguo.
 
Quanto meno fra il Nord America e l’Europa, continente, quest’ultimo, a cui appartiene, suo o forse nostro malgrado anche la Gran Bretagna.
 
La Brexit, con i suoi incredibili fan politici, ha segnato l’inizio di un’epoca travagliata per gli inglesi.
 
Dopo essere riusciti a convincere la parte più disperata della popolazione che loro erano la vecchia Inghilterra e noi il Continente Isolato, quello cioè che sta oltre il canale della Manica, detti politici hanno dimostrato la loro totale inettitudine.
 
Personalmente, ero assolutamente convinto che la Gran Bretagna, fuori dell’Unione Europea, sarebbe diventata la più grande piattaforma off-shore del mondo. Al momento, riconosco l’errore. In futuro, molto lontano ormai, vedremo.
 
Dopo la Brexit, l’export inglese è crollato al quattordicesimo posto nel mondo, appena sopra il Vietnam. L’Italia è al settimo.
 
Ho sempre molto apprezzato un modo anglosassone di fare giornalismo.
 
Mentre continuo a dire che nessuno mi ha insegnato la scienza della comunicazione come gli americani, anche qui devo fare un netto distinguo: dopo avere visto l’ultima copertina dell’Economist, nei cui confronti ho sempre nutrito il massimo rispetto, comincio a ricredermi che sia scaduto allo stile di un giornaletto di periferia.
 
L’Economist ha pubblicato una immagine della Truss, la leader dimissionaria britannica, con una gigantesca forchetta nella mano destra e tanto di spaghetti arrotolati, e un titolo provocatorio: Welcome to Britaly.
 
La Truss, nella mano sinistra, ha uno scudo, con la bandiera della Union Jack e i colori italiani.
 
Come dire: per rappresentare un totale fallimento politico bisogna evocare l’Italia.
 
A Firenze c’è un fantastico giornaletto satirico, che sforna paragoni provocatori di ogni tipo. E’ uno dei più divertenti che abbia mai trovato, è dissacrante, è un piacere leggerlo per ridere. Acquistando quel giornaletto, so che cosa compro, so che cosa trovare.
 
Se acquisto l’Economist mi aspetto qualcosa di diverso. Mi aspetto, soprattutto, più realismo, più senso della realtà. Più rispetto. Specialmente, dopo lo squallido spettacolo fornitoci dalla politica inglese.
 
L’Italia ha scelto l’Euro come moneta. Rimane la seconda moneta per importanza nel mondo dopo il Dollaro. La Sterlina sta andando sotto terra e la seppelliremo presto se l’Inghilterra non cambierà rotta.
 
E’ un perseverare a tutti i costi nell’errore, l’atteggiamento inglese. Una cocciuta determinazione a farsi male, contenti di essere da soli a farsi del male. Una bella soddisfazione.
 
E’ vero, noi ci facciamo del male in 27. Ma non cambierei mai il ruolo dell’Italia con quello di oggi della Gran Bretagna. Né è pensabile che una Gran Bretagna da sola, con la politica che sta facendo, possa competere con l’Unione Europea.
 
L’Economist dovrebbe tornare a fare l’Economist. Evitando di associarsi al trombonismo di facile lettura, tipico di una certa stampa europea, e includo l’Italia.
 
Ecco, vorrei proprio questo: ora che siete da soli, avete voluto la Brexit, non imitate i tromboni nostrani. Fate qualcosa di diverso, ritornate in voi stessi. Finite con l’essere spocchiosi, più di quanto non siate già di natura.
 
Non dite che è arrivata la Britaly, per l’incompetenza dei vostri politici. Stavolta, i vostri hanno superato alla grande perfino i nostri.
 
In passato, caro Economist, avete dimostrato di tenere altissima la bandiera della comunicazione di qualità. Quella vera, quella che confronta opinioni, quella che aiuta a creare opinioni. Ora, avete perso la bussola, come tutta la nazione che vi sta dietro.
 
Non sto difendendo i politici italiani o europei. Ma il rispetto è imprescindibile, altrimenti non c’è differenza fra l’Economist e quel simpaticissimo giornaletto che si vende a Firenze.
 
Ora parliamo del webinar imperdibile, dove dimostriamo come il sistema di trading in opzioni Dribbling abbia reagito in modo imperturbabile al terremoto del 13 ottobre.
 
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P.S.: Lo so, ti viene da dire: i politici italiani, o molti politici europei non sono certo meglio. Probabilmente hai ragione.
 
Ma è una questione di stile di comunicazione. O sei un giornaletto o sei l’Economist.
 
E se l’Economist è diventato un giornaletto, allora, forse, è sintomo di una intera nazione, la Gran Bretagna, che è arrivata, non alla frutta, non al caffè, ma alla seconda dose dell’ammazzacaffè. E noi, forse, siamo ancora alla frutta: quindi, per favore, no ai paragoni impropri ed offensivi.
 
E’ una nazione che viene offesa. La nazione di Mario Draghi, non la nazione della Truss e di Boris Johnson.  
 
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Maurizio Monti

  Editore Istituto Svizzero della Borsa