Il Grande Crollo del 1987, quinta puntata

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Lunedì nero.

Nella stanza del secondo piano di quella banca luganese, quel lunedì 19 ottobre 1987, la luce bianca del neon era accesa fin dalle 5 del mattino, ben visibile dalla piazzetta antistante.

Entrando in ufficio, quel banchiere tranquillo, dai nervi ben saldi, abituato a dirigere, a valutare con calma, trovò il telefono che già squillava.

Era un collega.

“Hai visto Hong Kong?”, gli chiese. Neanche un ciao, un buongiorno, un come va …

Accendendo il terminale, quell’uomo tranquillo sbiancò in volto …

L’Hang Seng perdeva oltre il 40%.

“Però i giapponesi reggono … il Nikkei è stabile”.

Vero. I giapponesi sembravano non accorgersi di Hong Kong.

Per loro il 19 ottobre 1987 sembrava un giorno come un altro.

Che cosa sarebbe accaduto alle borse europee e poi a Wall Street?

Fuori della finestra, era ancora buio. La brezza del lago, come al solito, rinfrescava e rendeva umida l’aria.

Il banchiere aprì la finestra. Mai come in quel momento l’aria del suo ufficio gli sembrava pesante. 

Il senso di oppressione gravava sul petto e sullo stomaco. Un vago senso di nausea, quasi un rammarico per dover fare il suo lavoro. Lavoro, che, normalmente, amava.

Il telefono squilla ancora. La Borsa di Hong Kong, domani, 20 ottobre, resterà chiusa. Non è confermato, ma è molto probabile.

Il senso di paura di quella notizia fu terribile. Se le borse chiudono, non permettono le negoziazioni, è la fine.

La fine di un mondo, la fine del mondo, la fine di un’epoca, la fine di tutto.

Mentre negli Stati Uniti è ancora notte, nelle diverse capitali europee sorge il sole.

Anche a Milano è una giornata grigia, simile a Lugano.

C’è molta agitazione in Italia, perfino a livello politico, in Banca d’Italia, a Piazza Affari. Personaggi immarcescibili sembrano prendere atto per la prima volta nella loro vita che esiste una Borsa Valori. 

Palazzo Mezzanotte, Piazza degli Affari. In molti arrivano prima … sono in 1500 lì dentro dalle 8.30 del mattino in poi.

Qualcuno sa di Hong Kong. Soprattutto sa che domani Hong Kong potrebbe rimanere chiusa. Il dubbio che qualcuno decida di tenere chiusa la Borsa di Milano serpeggia. Ognuno lo pensa, nessuno osa dirlo.

Alle 10, la sirena, a quel tempo c’era la sirena per segnalare l’inizio delle contrattazioni, suonò regolarmente.

La Borsa apriva i battenti, le negoziazioni iniziavano. 

C’è debolezza nel listino … ma ci sono acquisti. Saranno i fondi? I 72 fondi di investimento italiani colgono qualche opportunità di acquistare a prezzi più bassi?

Rialzisti e ribassisti si fronteggiano per trenta lunghi interminabili minuti.

E’ passata mezzora dalla sirena, ma sembra già trascorso un giorno intero e nel recinto delle grida la tensione è alle stelle.

Due titoli guida del listino, Fiat e Montedison, cominciano drammaticamente a scendere.

Di colpo, i telefoni degli agenti di cambio squillano in modo frenetico. Un’ondata di vendite arriva sul listino. Nelle grida spintoni ed insulti scavalcano il normale rapporto di buon vicinato degli operatori.

E’ mezzogiorno. L’indice MIB è sceso dell’8% e altrettanto l’indice Comit.

Dalle altre Borse europee arrivano notizie drammatiche. Londra, Zurigo e Amsterdam perdono oltre il 10%.

Zurigo! La borsa con un listino tranquillo, con aziende solide, permeate della incrollabile fiducia svizzera … A Lugano, sulle strade, è incredibile, non circola nessuno … la città sembra deserta. Dalle banche, nessuno esce per la pausa pranzo.  

Fra le 13.30 e le 14.30, ultima ora di contrattazione, a Milano arrivano ordini di acquisto. Sembra un miracolo. Qualcuno compra. Tutta Europa vende, ma qualcuno a Milano compra.

L’indice MIB chiude al -6.1% . Ma poteva andare molto peggio.

Londra chiude con -10.1%, Zurigo -10.8%, -10.4% Bruxelles. I tedeschi, a Francoforte, se la cavano con un -7.1% e i francesi con un -4.6%.

Da Palazzo Mezzanotte cominciano ad uscire in molti. Giornata logorante, da dimenticare.

In tutta Europa c’è una sola segreta speranza.

La Borsa Americana ha perso già molto, negli ultimi due mesi. E ancor di più negli ultimi sette giorni. E’ un lunedì… la speranza di tutti è su Wall Street … un recupero di Wall Street ridarebbe fiato a tutta la finanza mondiale.

Sono in tanti a sperarlo, tutti…

Ma la delusione è forte fin dai primi minuti.

Alle 15.30, l’indice Dow Jones apre in gap down del 5%. In breve affonderà al meno 12%. Non c’è speranza.

La confusione alla sala degli operatori a New York è totale. Impossibile evadere tutti gli ordini. Impossibile rispondere a tutte le telefonate.

I computer impazziscono con ordini di stop, di stop & reverse, di mediazione, di arbitraggio, di future venduti al mercato automatizzato di Chicago per coprire le perdite.

Poi capiremo … che tutto questo peggiorava drammaticamente una situazione già compromessa. 

Non sono ancora le 20 in Europa. Il Dow Jones perde il 18%. 

I telegiornali, alle 20, aprono con titoli da paura, quantificando le perdite, secondo lo stile dei giornalisti: Milano ha bruciato in una seduta 11.500 miliardi di lire.

Ma non è nulla rispetto a quello che sta bruciando Wall Street. Alla fine della sessione americana, Wall Street avrà polverizzato una cifra pari al prodotto interno lordo italiano. Il Dow Jones, alle 22, ha chiuso al -22,62%.

In 38 giorni, il Dow Jones ha perso il 40%. Il 1929 sembra uno zucchero al confronto.

Durante la notte, il Nikkei crollerà del 14,9%. I Giapponesi si sono rassegnati al ribasso con un giorno di ritardo.

A Lugano, un uomo esce dallo stabile del suo ufficio. E’ tardi, Wall Street ha chiuso da oltre due ore.

E’ distrutto.

Sa che domani potrebbe essere lo stesso. Sa che perfino la sua professione, domani, potrebbe non avere più senso. 

Il collasso della finanza mondiale è dietro l’angolo. Qualche cosa di inimmaginabile potrebbe accadere.

(segue alla prossima puntata)

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P.S.: Nella prossima puntata, indagheremo le cause del disastro del 19 ottobre 1987. 

Forse non sapremo mai la completa verità. Un crollo di borsa è un crollo di borsa. Tutti vendono, nessuno compra.

Nell’inconscio collettivo, emerge una pulsione difficile da controllare. E’ il panico.

Scopriremo, nondimeno, un meccanismo perverso che operò come amplificatore del crollo: ed è qualcosa che dovrebbe farci riflettere.

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Maurizio Monti

  Editore Istituto Svizzero della Borsa