Roma – 17° Festa del Cinema, 2022, le mie recensioni in breve (2° parte)

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Una immagine scattata all’Auditorium Parco della Musica. Il tappeto rosso dell’Auditorium di Renzo Piano. Fonte: Ph. Alessandra Basile

In questa nuova uscita, parliamo di altre cinque recensioni dei film visti alla Festa del Cinema.

A cooler climate di e con James Ivory

F1) James Ivory al lavoro

Nella figura F1 James Ivory (protagonista e regista) del documentario “A cooler climate”.
Fonte: Festa del Cinema di Roma

A cooler climate
James Ivory racconta, nel suo documentario, la sua vita fin da quando era bambino. Un accenno alla sua professione è presente, soprattutto, con riferimento al periodo di lavoro in coppia, nel nome di una delle più longeve unioni del cinema, con Ismail Merchant, il regista indiano, con cui Ivory instaurò, anche, un profondo rapporto sentimentale, tenuto a lungo nascosto per la paura di un attacco alla loro omosessualità. Realizzarono insieme decine di film e, di essi, uno rimase inconcluso e, come dice James nel suo docufilm, “in the box”: per 60 anni, lasciò le foto e le bobine del suo viaggio in Afghanistan chiuse in un cassetto, senza più toccarle, almeno fino a oggi. La Kabul che descrive in A cooler climate è ben diversa da quella drammatica che conosciamo attraverso i notiziari, ossia è pacifica e arretrata. I ricordi di quel periodo, era il 1960, hanno spinto il novantaquattrenne americano a fare il suo documentario. Il regista di Camera con vista (1985) nonché vincitore dell’Oscar alla migliore sceneggiatura non originale per Chiamami col tuo nome di Luca Guadagnino, sente, in A cooler climate, di volere mettere in primo piano le sue paure infantili e il vero amore, quello che lui prova per l’universo maschile. Nel film, James legge alcune pagine di Baburnama, che è la prima autobiografia dell’imperatore Babur, il discendente di Tameriano, che fondò la dinastia Moghul e, nel 1504, dominò l’India e l’Afghanistan. Voto: 7.

Sanctuary con la figlia di Andie MacDowell, Sarah Margaret Qualley

F2) Un momento del film “Sanctuary” di Zachary Wigon

Nella figura F2, Sarah Margaret Qualley, la protagonista femminile del film.
Fonte: Festa del Cinema di Roma

Sanctuary
Non c’è mai, nel film, un’intenzione morbosa a livello sessuale, ma quasi esclusivamente quella, che potremmo definire voyeuristica, di scoprire chi vincerà, riuscendo a colpire l’altro o l’altra nelle sue debolezze, fragilità, insicurezze irrisolte. Alla fine della storia, c’è persino una sorta di happy ending, con una presa in giro simpatica dello spettatore, sorpreso da un bacio tenero fra i protagonisti in un ascensore. Il tema del film è una lotta di potere, un gioco al massacro, un rapporto fra padrona e schiavo, fra dominatrice e dominato, fra mistress e sottomesso. La protagonista piomba in casa dell’uomo che l’ha contattata con una parrucca bionda, ma il gioco vero inizia quando si libera del finto caschetto. Quell’uomo bisognoso di insulti per stare meglio, sembra credere così il protagonista maschile, le fa un regalo per liquidarla: è un orologio da diverse decine di migliaia di euro.

A quel punto, lei cambia le carte in tavola. Il rapporto sadomasochista mentale si trasforma, passando a un livello più stratificato e pericoloso. Impossibile non pensare all’opera d’arte teatrale di David Ives, diretta, sul grande schermo, da Roman Polanski, nel 2013, con una straordinaria Emanuelle Seigner: parlo di “Venere in pelliccia”. Naturalmente, “Sanctuary” non è un film adatto a tutti, ma è capace di rappresentare un argomento scomodo senza mai finire nel volgare o nel facile esibizionismo sessuale, infatti non ci sono inquadrature intime e, proprio perché non si vede nulla, fa ancora più effetto. È interessante che il film con soli due attori in una stanza potrebbe trasformarsi in un intenso spettacolo teatrale. Sarah Margaret Qualley e Christopher Abbott sono bravissimi e molto ben diretti. La prima mondiale, con la nemmeno trentenne figlia di Andie MacDowell, nominata ai Golden Globe nel 2021 per “Maid”, una miniserie Netflix, è stata al Toronto film festival. Voto: 8.

Mrs Harris goes to Paris con Lesley Manville e Isabelle Huppert

F3) Un momento del film “Mrs Harris goes to Paris”di Anthony Fabian

Nella figura F3, una del film con la protagonista Lesley Manville.
Fonte: Festa del Cinema di Roma

Mrs Harris goes to Paris
Il film e la storia, la regia e l’intero cast, a cominciare dalla meravigliosa protagonista, Lesley Manville, sono strepitosamente curati e agiscono come ingredienti armonici di un tutt’uno che funziona, garantendo un risultato eccellente. Troviamo, fra gli attori, una strepitosa Isabelle Huppert, perfetta nel ruolo rigido e respingente, almeno verso la più semplice signora Harris, e ironica come non mai; alla fine, ci conquisterà anche con il lato umano del suo personaggio, svelandone le vere fragilità. Le lacrime, durante e alla fine del film così ben diretto da Anthony Fabian, si versano, sì, ma per la gioia e la bellezza, in particolare, di alcune scene, caratterizzate da gesti teneri e innamorati verso l’agée Mrs Harris, dall’entusiasmo di quest’ultima davanti a un pretenzioso abito di Dior, che molti le criticano come scelta, perché ritenuta inadeguata al suo status e alla sua età, e dal sogno della commedia romantica, quale Mrs Harris goes to Paris è.

La sceneggiatura è ispirata al romanzo di Paul Gallico, intitolato La Signora Harris, che per la prima volta fu pubblicato nel 1958. La storia è un pò una favola, ma insegna a vivere nel modo migliore: l’atteggiamento positivo della signora Harris influenza chi la approccia e chi la conosce da tempo e lo riesce a fare all’istante o, come nel caso dell’impenetrabile direttrice della Grand Maison Haute Couture Dior a Parigi, Claudine (Isabelle Huppert), una sorta di Anna Wintour primo stile, con maggiore difficoltà. Gli spunti su cui invita a riflettere il film sono attuali, universali e fondati. La dolce Signora Harris, un’amica che vorremmo tutti al nostro fianco, specie nei momenti di tristezza, ha la forza e la capacità di rimboccarsi le maniche a dispetto delle avversità che colpiscono la sua vita non ricca e segnata da un lutto per lei difficile da accettare, almeno finché non le viene ufficializzata la morte del marito sul fronte: Mrs Harris affronta le situazioni e le persone con grinta e fiducia e con gli occhi aperti di un bambino che è pronto ad accogliere conoscenza, sorpresa e felicità dal mondo circostante. Si ride e si versano lacrime di gioia, specie se si è animi sensibili, femminili o maschili che siano, e si esce dalla sala guardando all’universo come se i sogni e l’amore si potessero avverare e le tinte del cielo fossero sempre rosa. Voto: 9.

Foudre, il film francese vincitore (insensato) di diversi premi alla Festa

F4) Un momento del film “Foudre” di Carmen Jaquier

Nella figura F4, una scena con i ragazzi del film, fra i quali la protagonista Lilith Grasmug.
Fonte: Festa del Cinema di Roma

Foudre – Concorso Progressive Cinema-Premio speciale della Giuria per la fotografia di Marine Atlan e Menzione Speciale della Giuria all’attrice Lilith Grasmug; Migliore Opera Prima BNL BNP PARIBAS-1 Menzione Speciale (di due) al film FOUDRE di Carmen Jaquier.

La regista di questo noiosissimo film francese cerca un pubblico e una critica che la osannino e lo fa regalandoci ripetute e pesanti inquadrature della guancia di un personaggio, di un insetto sulla foglia, di un quadro stile foto ripresa da vicino e, in rallentamento, sempre più da lontano. La regista lascia che il pubblico intuisca il senso temporale e logico dei cambi scena, perché lei, la Jaquier, non si abbassa a mostrarli. Ma questo è un lungometraggio? Se c’è una vera storia… ci dicano qual è. A proposito di storia, la giovane novizia Elizabeth, interpretata da Lilith Grasmug, apprende che la sorella maggiore è mancata e che è divenuta lei la figlia più grande della sua famiglia, così torna a casa dai genitori e dalle due sorelline.

Se i genitori sono severi e distaccati emotivamente nei suoi confronti, sostanzialmente perché non la capiscono, le bimbe sono, invece, affascinate da Elizabeth e le sono vicine al punto da arrivare a liberarla dalle corde con cui mamma e papà finiscono per tenerla legata al letto, quando gli adulti del paese la accusano di avere allegramente intrattenuto, insieme, tre ragazzi sui 19 anni. Prima di questo evento, cucendo un gran lenzuolo, Elizabeth scopre, nascoste fra le cuciture, delle pagine scritte dalla sorella morta e, leggendole con avidità, scopre la storia della ragazza e il suo pensiero, il suo credo: ne viene talmente influenzata che decide di continuare quel credo che, però, nessuno in paese accetta. Per tutti, salvo Elizabeth, sua sorella era il diavolo, perché riteneva di trovare Dio nella carne anziché nell’anima: per scongiurare le accuse anche post-mortem contro sua sorella, Elizabeth prova a vivere secondo i dettami di quelle pagine ritrovate.

La regia è ambiziosa e non è riuscita nell’intento di catturare l’attenzione del pubblico dell’Auditorium e nemmeno la sua approvazione, infatti l’applauso, alla proiezione con regista e attrice protagonista presenti, è stato giustamente contenuto. Alla sua prima opera, un cineasta dovrebbe avere la sana modestia di iniziare dalle basi, costruendo in modo elementare la storia da raccontare. Il cast non è male, ma la sceneggiatura non lo aiuta e la protagonista, inquadrata infinite volte, non regge i ripetuti primi piani, mancando di esperienza, stratificazione e profondità e, probabilmente, di una guida valida. Eppure il film è stato proposto alla Festa del Cinema di Roma e premiato, un mistero. Voto: 5,5.

Butcher’s Crossing con Nicholas Cage

F5) Un momento del film “Butcher’s Crossing” di Gabe Polsky

Nella figura F5, una scena del film con Nicholas Cage diretto da John Edward Williams.
Fonte: Festa del Cinema di Roma

Butcher’s Crossing
Nel cast di questo film western, troviamo un ottimo e in forma Nicholas Cage nei panni di Miller, un fanatico cacciatore di bisonti che ambisce a far fuori una mandria enorme in Colorado, nella parte più selvaggia dello stato. Poi c’è Will, interpretato da Fred Hechinger, che è un ragazzo giunto a Butcher’s Crossing per fare un’esperienza diversa dal suo percorso di studi. L’ attore è uno statunitense, classe 1999. Il film è ispirato all’omonimo romanzo del 1960, scritto da John Edward Williams. Alla regia del suo primo lungometraggio, troviamo Gabe Polsky, anche co-produttore del film e autore della sceneggiatura, scritta insieme a Liam Satre-Meloy. Gli attori sono perfetti per ciascun personaggio e la storia è scorrevole e diretta in modo da dare un’idea del senso del film per poi svelare un messaggio assolutamente opposto, il che è molto funzionale. Butcher’s Crossing mira a salvaguardare la specie dei bufali, che devono la loro vita e l’essere di nuovo più sostanziosi agli indiani americani, che hanno affrontato il dramma di qualche milione di esemplari ridotti a 300 bisonti, ripristinando una mandria di qualche decina di migliaia.

Sono i vari Miller, in giro per le loro terre, la causa di un tale scempio, sono gli avidi cacciatori. Il film potrebbe, per il genere, non attrarre una fetta di pubblico, invece riesce bene a prendere l’attenzione ed è divertente, perché fa sentire gli spettatori sul campo con i protagonisti, durante l’osservazione del branco. Miller, come lui stesso spiega, spara al capobranco per disorientare gli altri membri del gruppo, perché, in quel caso, il bufalo non sa chi seguire né che fare, restando come imbambolato e vittima facilissima degli spari dei cacciatori nei limitrofi. Per fortuna, nonostante l’uccisione dei bisonti e, soprattutto, il loro scuoiamento, cosa che la maggior parte degli spettatori eviterebbe di vedere, il film è una propaganda della lotta agli assassini di questi grossi animali. Ancora un plauso al super Nicholas Cage, che, oltre tutto, continua a essere un gran bel vedere. Voto: 7.

Potete leggere la 1° parte di “Roma – 17° Festa del Cinema, 2022, le mie recensioni in breve”
qui
https://www.traders-mag.it/roma-17-festa-cinema-2022/ . Nelle prossime uscite de Il Settimanale di TRADERS’ Magazine troverete gli articoli successivi sulla diciassettesima Festa del Cinema di Roma, 2022.

Alessandra Basile

Attrice e Autrice. Ha collaborato con la Comunicazione Corporate di un’azienda. Ha una formazione in Life coaching (per un periodo ICF) e una laurea in Giurisprudenza. Presiede la Associazione Effort Abvp con la quale ha interpretato e prodotto diversi spettacoli teatrali a tematica sociale, fra i quali una pièce contro la violenza domestica, ‘Dolores’, della cui versione italiana è co-autrice Siae. Ha scritto ‘Films on The Road’, un libro sul cinema girato in Italia, edito Geo4Map. Scrive di film e spettacoli teatrali con l’occhio dell’Attrice, il suo primo mestiere, e intervista persone e personaggi, soprattutto del mondo dello spettacolo. Email: Alessandra.Basile@outlook.com Sito web: www.alessandrabasileattrice.com