Rischi prossimi e disastri futuri

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I tromboni attempati.

Mi direte che ne sto parlando sempre più spesso, ma ci sono buone ragioni per farlo (non dei tromboni, ma di quello di cui mi accingo a parlare ora…)

Il deficit federale americano ha raggiunto la cifra record di 31,5 trilioni di dollari.

Oggi sono nati molti bambini negli Stati Uniti. E ciascuno di loro ha un debito di circa 94.400 dollari da pagare, solo per il fatto di essere nato negli Stati Uniti.

Se poi il calcolo viene fatto sui contribuenti, il debito individuale diventa stellare: 246.867 dollari per ogni contribuente che paga le tasse.

Il rapporto fra debito e PIL (su cui l’Italia è stata più volte maltrattata da altri paesi), negli Stati Uniti, è passato dal 34.52% del 1980, al 59.05% del 2000 e poi al 120.37% del 2023.

Gli interessi sul debito valgono al momento 534 miliardi di dollari: che è il PIL della Svezia, tanto per fare un paragone.

Ci è venuta la curiosità di indagare meglio sui possessori del debito americano.

Si dice spesso siano i cinesi, e siccome a quelli che continuano a farneticare della grande potenza cinese e della prossima caduta dello strapotere americano noi non riusciamo a credere, siamo andati a verificare che non è così vero.

Infatti il primo creditore del governo federale è l’insieme di altre agenzie federali: ad esempio la US Social Security Administration, avendo il bilancio in attivo (non si sa ancora per quanto, per ora è così), investe in titoli dello stato.

Il complesso delle agenzie federali detengono una quantità di Treasury pari alla fantastica cifra di 6,8 trilioni di dollari.

Prima delle banche e degli investitori, seguono i governi stranieri. E qui, sì, compare la Cina, ma prima della Cina c’è il Giappone con 1,08 trilioni di dollari. La Cina viene subito dopo con 870 miliardi di dollari, al secondo posto nei governi.

Quindi la presunta grande dipendenza degli Stati Uniti dalla Cina, alla fine, rispetto alla massa del debito, è una pura favola.

La parte di classifica dei governi detentori del debito statunitense, riportata di seguito, non finirà di stupirti:

3. Regno Unito 645.8 miliardi $
4. Belgio 332.9 miliardi $
5. Lussemburgo 312.9 miliardi $
6. Isole Cayman 283.3 miliardi $ (come dire, la patria degli evasori fiscali USA, e non solo USA, investe in Treasury…)
7. Svizzera 266.7 miliardi $
8. Irlanda 250.0 miliardi $
9. Canada 229.0 miliardi $
10.Brasile 225.9 miliardi $

Tornando alle più grandi economie mondiali, il rapporto debito/PIL del Giappone è pari al 225,0%. Quello della Cina è del 273.2%.

Di fatto, le tre più grandi potenze economiche mondiali si reggono su un debito abissale.

Il Congresso degli Stati Uniti, diviso come è, vive un momento di forte tensione. Di fatto, negli Stati Uniti, ciascuno dei due partiti è a sua volta diviso in due e questo rende tutto molto più complicato.

Ci sono almeno due cose di cui preoccuparsi, nei prossimi mesi: la prima, che il Congresso trovi un accordo sull’espansione del deficit federale, la seconda che non ci siano seri rischi che il dollaro perda a breve termine il suo ruolo di valuta mondiale.

Sulla seconda, anche se è inevitabile una minore importanza del dollaro nel medio periodo, sarei abbastanza fiducioso che questo non avverrà in breve tempo.

Sulla prima, confesso che le notizie, al momento, non sembrano per niente buone. E, insieme con qualche ulteriore problema di natura geopolitica, è la ragione per cui vediamo un rischio forte sui mercati a partire dal mese di maggio.

Minimo a marzo, ripresa di circa 60 giorni e poi forte ribasso da maggio in poi verso l’estate.

Il realtà, continuiamo a ritenere che il minimo del 13 ottobre 2022 continuerà a tenere per parecchio tempo, questo, almeno, è ciò a cui attribuiamo la maggiore probabilità.

Però da maggio in poi la sfiducia dei mercati potrebbe essere piuttosto sostenuta, specialmente se fra fine marzo e metà maggio vedremo una eccessiva euforia.

Lo SMI svizzero, l’indice delle prime 20 aziende svizzere quotate, è caratterizzato da un andamento più tranquillo e moderato rispetto alla quasi totalità degli altri indici europei.

E’ anche molto preciso nei movimenti e il suo andamento ha scossoni molto rari se paragonati con altre borse mondiali.

Può essere una buona opportunità in un’epoca di saliscendi vorticosi come quella attuale di andare ad esplorare che cosa fa la borsa svizzera: e potresti avere una ottima sorpresa di una buona profittabilità con un rischio moderato.

 

 

 

 

 
 

 

Maurizio Monti
Editore Traders’ Magazine Italia

P.S.: Dopo avere previsto a dicembre il crollo a 3200 dell’S&P500, poi avere corretto la previsione a 5000 o giù di lì, quando il mercato, a gennaio, ha cominciato a salire, ora i grandi gufi della finanza internazionale, a seguito del ribasso in corso sull’S&P500, prevedono non più 3200, ma 3000.

Sono piuttosto sconcertato, lo confesso.

A ogni variazione dell’S&P500 di 200 punti in su o in giù, le previsioni parlano di 1000 punti in su o in giù. A me sembra puro dilettantismo emozionale: che mi rende sempre più convinto che chi emana queste previsioni non ha visto realmente nulla sui mercati negli ultimi 40 anni e finisce col prevedere sulla scia di sensazioni, che vanno dall’euforia al panico, senza alcun equilibrio di giudizio.

Poi, certo tutto può essere, 5000 o 3000.

Secondo noi non è né l’uno né l’altro, sulla base di quanto vediamo, il mercato, nel 2023, ha forti probabilità di rimanere nel range del 2022: se il minimo di marzo non supererà 3800, allora è possibile una proiezione rialzista corposa, anche fino a 4570.

Poi, sì, lo abbiamo detto, il seguito non lo vediamo bene, fino all’estate.

Ma cambiare idea in 90 giorni, da 3200 a 5000 e poi a 3000…. mi sembra solo indizio di ondate emozionali di dubbia veridicità scientifica e statistica.

Vedendo un certo tipo di nuova generazione (non nuovissima, non mi riferisco a quella, mi riferisco alla semi-nuova, purtroppo, la definirei quella dei tromboni attempati) subentrata in taluni posti chiave dei grandi operatori, alla fine, questo non mi meraviglia più di tanto.

Ne parleremo, esiste un problema che va rivelato al grande Pubblico e che è la chiave dei numeri al lotto che vediamo emanati di tanto in tanto. La generazione di cui parlo è destinata a scatenare con la propria incompetenza una grande crisi finanziaria nei prossimi anni: noi la pensiamo in un periodo compreso fra il 2025 e il 2028.

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