Rally da fare o già fatto?

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8 dicembre, dato della settimana

Contrariamente a quanto si crede, la tendenza degli ultimi 10 anni sugli indici americani nelle prime tre settimane di dicembre non è così esaltante.

Il favoleggiato “rally natalizio”, sicuramente molto più visibile nelle statistiche che includono lunghi periodi del passato, è sembrato scomparire, o quanto meno attenuarsi, gradualmente con il tempo, nell’ultimo decennio.

Al posto del rally natalizio, si è sempre più consolidato un rally del Black Friday, che tende a perdurare da una a due settimane dopo il magico venerdì successivo al ThanksGiving.

Per l’S&P500, la statistica è clamorosamente a favore per il periodo che va dal 20 novembre all’8 dicembre, con andamento fortemente positivo in tale periodo sostanzialmente costante negli ultimi 20 anni.

Nel periodo 1 dicembre-23 dicembre, il Nasdaq è, fra i tre principali indici americani, quello più debole, con 4 anni negativi negli ultimi 10.

Sostanzialmente positivi, ma deboli, gli altri due indici, comunque con 8 anni positivi su 10: nelle medie, pesa moltissimo il 2018, anno molto negativo, nel mese di dicembre, per tutte e tre gli indici.

Il Nasdaq è alle prese con la resistenza del massimo del 17 luglio, sulla cui linea ha fatto dei tentativi di penetrazione, sempre respinti.

L’S&P500 non è ancora arrivato al massimo di luglio (il 27 luglio per l’esattezza): il massimo di venerdì scorso 1 dicembre era a 27 punti di distanza da esso.

Il Dow Jones, invece, ha abbondantemente perforato con evidente chiusura settimanale il massimo di luglio, creando così una divergenza rispetto agli altri due indici.

Se avrà ragione il Dow o gli altri due, vedremo. E’ ormai un evidente peccato mortale profferire la parola ribasso per le borse americane, anche se, continuiamo a dire, proprio nella settimana entrante un ritracciamento può esserci.

Per l’S&P500, il massimo di luglio sembra questione di ore, più che di giorni, e anche il possibile superamento. O, forse, la barriera sarà proprio la soglia 4634 a fargli prendere respiro.

Dal punto di vista macroeconomico, l’economia degli Stati Uniti nell’ultimo trimestre 2023 e nel primo trimestre 2024 è in rallentamento: l’ultimo dato del GDP al 5,2% del terzo trimestre sembra essere archiviato.

Nondimeno, le borse anticipano ora un presunto taglio dei tassi già nel primo semestre del 2024: la mia ipotesi è che difficilmente un taglio ci sarà prima di giugno 2024, ma il mercato sembra essere molto più ottimista.

Il Wall Street Journal, al riguardo, ci informa che, in linea con le attese di taglio dei tassi, gli interessi sui mutui stanno scendendo ormai da alcune settimane ed è ripresa a ritmo sostenuto la domanda immobiliare residenziale.

Il 13 dicembre ci sarà la conferenza di Powell, che continua a tenere un profilo molto prudente, a cui il mercato non crede.

Nel frattempo, sullo sfondo, si maturano i fenomeni tipici dell’anno delle elezioni americane: i primi sondaggi assegnano un vantaggio a Trump, rispetto a Biden, ipotizzando sia Trump il rivale nella competizione.

L’incertezza politica non giova al dollaro americano, che, reduce dal rialzo che in genere lo contraddistingue durante le amministrazioni democratiche, ora sta visibilmente indebolendosi.

Per la stessa ragione, molti accordi commerciali con gli Stati Uniti da parte di partner commerciali esteri, se in fase di rinnovo o di nuova negoziazione, sono in sostanziale stallo. Così rilevante è la spaccatura politica e l’incertezza che ne deriva, da condizionare fortemente tali accordi.

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P.S.: Attenzione, l’8 dicembre, al non-farm payroll, dato significativo della settimana.

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Maurizio Monti

  Editore Istituto Svizzero della Borsa