Non è egoismo, il contrario.
Ricordi che ritornano.
Quando, da studente universitario, per la prima volta mi imbattei nella figura di Adam Smith ne rimasi affascinato.
Mi buttai a fondo nello studio del personaggio e dei suoi scritti, e scoprii molte cose che, in realtà, all’università non venivano spiegate.
Anche se le teoria del libero mercato rimane come la pietra fondante del liberalismo economico (e, aggiungo, delle mie personali idee liberali), Adam Smith ha espresso un pensiero filosofico, che bisogna conoscere: ancor di più se vuoi conoscere il libero mercato.
Il padre dell’economia moderna.
L’opera più influente di Adam Smith fu La ricchezza delle nazioni, pubblicato nel 1776, dove espresse, appunto, la teoria del libero mercato.
Ma a monte di quell’opera, Smith elaborò riflessioni profonde sulla moralità umana, elementi cruciali per comprendere il funzionamento dell’economia.
Gli aspetti di tali riflessioni sono molto meno noti e, quanto meno, sorprendenti se applicati al personaggio un po’ asettico e anempatico che la storia ha voluto creargli intorno.
Gli inizi di Adam Smith.
Nato il 5 giugno 1723 a Kirkcaldy, in Scozia, Adam Smith era figlio di un avvocato che morì quando lui aveva solo due anni.
Smith studiò filosofia ed economia all’Università di Glasgow, sotto l’influenza del suo professore, Francis Hutcheson, che promuoveva una visione etica del comportamento umano.
Nei suoi primi anni, Adam Smith dimostrò uno straordinario talento per le discipline umanistiche, con un particolare interesse per la moralità e la filosofia.
La sua prima opera importante, La Teoria dei Sentimenti Morali (1759), fu un’opera di filosofia morale che passò inosservata all’epoca, ma che è da considerare come uno dei pilastri del suo pensiero.
Ne La Teoria dei Sentimenti Morali, Smith sostiene che le persone agiscono non solo per interesse personale, ma anche per una naturale “simpatia” o empatia verso gli altri.
Secondo Smith, gli esseri umani hanno un’innata inclinazione a prendersi cura del benessere altrui, il che contrasta con la visione egoistica dell’economia che avrebbe prevalso nelle sue opere successive.
E’ un desiderio positivo quello che induce l’uomo a fare qualcosa di cui gli altri possano beneficiare, sia pure sospinto da un legittimo desiderio di ricchezza e di affermazione sul mercato.
Questa visione lungimirante riflette la complessa visione di Smith della natura umana, in cui l’individuo persegue il proprio interesse ma, allo stesso tempo, è influenzato dal bisogno di riconoscimento sociale e affetto.
Come era da aspettarsi, filosofia e morale andarono in secondo piano rispetto all’opera che disegnò l’economia moderna.
La Ricchezza delle Nazioni: La Nascita dell’Economia come Scienza
Tuttavia, fu La Ricchezza delle Nazioni a consolidare Adam Smith come uno dei pensatori più influenti nella storia dell’economia.
Pubblicata nel 1776, l’opera fu una risposta alle condizioni economiche dell’epoca e al modo in cui i paesi europei interagivano con il commercio e l’industria.
In essa, Smith presenta la famosa idea della “mano invisibile”, secondo la quale, in un libero mercato, le azioni individuali di acquirenti e venditori, guidate dal proprio interesse personale, possono generare benefici per la società nel suo complesso, come se una “mano invisibile” dirigesse efficacemente l’economia.
La metafora della mano invisibile è stata oggetto di numerose interpretazioni e critiche nel corso degli anni.
Tuttavia, all’epoca, rappresentava una rottura radicale con il pensiero economico prevalente del mercantilismo, che sosteneva l’intervento statale nell’economia per regolare il commercio e proteggere la ricchezza nazionale.
Smith sosteneva che i mercati, se lasciati liberi da interferenze, si autoregolassero naturalmente, con conseguente maggiore benessere sociale.
Questa è la base del suo sostegno al libero scambio, alla concorrenza e alla specializzazione.
La divisione del lavoro e l’origine della produttività.
Uno dei concetti più importanti introdotti da Smith ne “La ricchezza delle nazioni” è la divisione del lavoro.
Attraverso questo concetto, Smith sostiene che la specializzazione dei lavoratori in compiti specifici aumenta significativamente la produttività.
Per illustrare questa idea, Smith usa l’esempio di una fabbrica di spilli.
Se a ogni lavoratore viene assegnato un compito specializzato (uno tira il filo, un altro lo taglia, un altro lo affila, ecc.), la produzione aumenta esponenzialmente.
Questo principio è rimasto valido nel corso dei secoli e continua a essere alla base delle strategie di produzione nelle industrie moderne.
Ciò che Smith osservò e descrisse nel XVIII secolo è oggi il fondamento delle economie globalizzate, in cui la specializzazione dei compiti e l’ottimizzazione della produzione hanno permesso un’espansione senza precedenti di settori e mercati.
L’impatto di Adam Smith sulla politica economica.
Le idee di Smith ebbero un profondo impatto sulla politica economica del suo tempo, influenzando direttamente le politiche dei governi europei durante la Rivoluzione Industriale.
La sua difesa del laissez-faire, ovvero del minimo intervento governativo negli affari economici, fu fondamentale per la crescita del capitalismo moderno.
In effetti, molte delle idee che oggi consideriamo fondamentali per la teoria economica, come la concorrenza di mercato, la domanda e l’offerta e l’autoregolamentazione del mercato, affondano le radici nell’opera di Smith.
Tuttavia, pur essendo considerato un sostenitore del libero mercato, Smith non era del tutto contrario all’intervento pubblico in determinati ambiti.
In tutta la sua opera, Smith riconosce la necessità dell’intervento pubblico in settori quali la difesa nazionale, l’istruzione pubblica e le infrastrutture.
Inoltre, pur sostenendo la libera concorrenza, mise anche in guardia dai pericoli del monopolio e delle pratiche commerciali sleali.
La rilevanza di Smith nel contesto attuale.
Sebbene siano trascorsi più di due secoli dalla pubblicazione de “La ricchezza delle nazioni”, le idee di Smith rimangono centrali per l’economia globale odierna.
Oggi, molti dibattiti sul capitalismo, il libero scambio e l’intervento pubblico continuano a basarsi sulle teorie sviluppate da questo pensatore scozzese.
Sebbene alcune delle sue idee siano state riviste e ampliate da economisti successivi, l’eredità di Smith rimane fondamentale per comprendere il funzionamento delle economie di mercato.
Il concetto di “mano invisibile” rimane un punto di riferimento nelle discussioni sull’equilibrio tra interesse personale e beneficio collettivo.
Sebbene i mercati non funzionino sempre perfettamente, l’idea che gli attori economici, ricercando il proprio vantaggio, possano contribuire al benessere generale rimane un fondamento cruciale della teoria economica.
Proprio come nel libero mercato proposto da Smith, dove gli individui agiscono per massimizzare i propri profitti, gli operatori economici cercano di massimizzare i propri profitti.
Tuttavia, proprio come il mercato deve avere regole per prevenire gli abusi, gli operatori economici devono operare all’interno di un quadro etico e regolamentato per garantire che le loro attività non danneggino il benessere collettivo.
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