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Dicembre: sarà la fine dell’onda al rialzo?

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C’è un’opinione, che circola in questi giorni negli Stati Uniti, anche in ambienti molto qualificati.

Riguarda alcuni particolari del sistema pensionistico degli USA, che non mi aspettavo e che voglio condividere: quello che sto per dirti ha una possibile rilevante influenza per i mercati finanziari.

I fondi individuali per scopi pensionistici negli Stati Uniti sono chiamati conti 401K. Si ritiene che l’accantonamento di tale somma (400.000 dollari) su un conto di investimento sia sufficiente a garantire in età avanzata almeno una pensione integrativa, se non tutta la pensione.

Sui conti 401K e su taluni altri piani pensionistici qualificati ci sono attualmente 21 trilioni di dollari: è una stima, ma di fonti attendibili.

Questi piani prevedono una clausola (ed è quello che veramente non sapevo e nemmeno immaginavo): si chiama “distribuzione minima richiesta”, in inglese l’acronimo è RMD.

Tale clausola obbliga gli investitori a prelevare un importo minimo di denaro dai loro conti ogni anno, una volta raggiunti i 72 anni di età (mentre in Italia o anche in Svizzera litighiamo per andare in pensione a 65).

Tali prelievi obbligatori sono calcolati nientemeno che dall’autorità fiscale statunitense (l’IRS), che, come è noto, è piuttosto rigorosa in tutto quello che fa e gli americani si guardano bene dall’entrarci in conflitto.

Gli RMD generalmente partono da circa il 4% del valore dell’account ogni anno, e possono salire nel tempo fino al 15% e oltre.

I conti 401K (o similari conti di fondi pensione accreditati) non hanno attività in contanti, così gli investitori generalmente devono vendere qualche cosa che hanno in portafoglio per soddisfare il requisito.

I prelievi possono essere fatti in qualsiasi momento durante l’anno fiscale, quindi, storicamente, non hanno mai avuto un impatto prevedibile sui mercati.

Ora, sembra che il 2022, neanche a dirlo, possa costituire una eccezione.

Gli RMD scontano un impatto negativo di carattere generazionale:i primi membri della generazione “baby boomer” (cioè i nati fra il 1946 e il 1964) hanno compiuto 72 anni nel 2018. Non solo, la norma precedente al covid prevedeva i prelievi a partire dai 70 anni, così dobbiamo considerare anche coloro che hanno compiuto 70 anni a partire dal 2016.

Sostanzialmente c’è una grande folla di ultrasettantaduenni che sta crescendo e che va ad incrementare i prelievi della norma RMD.

I baby boomer sono la seconda generazione più numerosa degli Stati Uniti, rappresentando oltre il 21% della popolazione (solo i millennial, nati tra il 1981 e il 1996 sono di più).

I baby boomer sono stati la prima generazione a dare un contributo significativo a questo tipo di piani pensionistici e attualmente detengono più beni di investimento di chiunque altro: secondo i dati della Federal Reserve, possiedono circa il 52% della ricchezza delle famiglie degli Stati Uniti. Più di ogni altra generazione messa insieme.

In sostanza, assisteremo ad un massiccio aumento delle vendite annuali relative a RMD, destinato a perdurare per almeno tutto il prossimo decennio e oltre.

Ora, come già detto, gli investitori possono prelevare il denaro dell’RMD in qualsiasi momento dell’anno: ma chi non lo fa è sottoposto a rigide sanzioni fiscali.

Chi ancora non lo ha fatto nel 2022, dovrà farlo entro il 31 dicembre. Ovviamente le cattive condizioni di mercato possono avere ritardato la fruizione degli RMD: gli investitori potrebbero avere deciso di posporre il prelievo a “momenti migliori”… che nel 2022 non ci sono stati.

Gli amministratori dei fondi notificano ai partecipanti la scadenza degli RMD entro l’inizio di dicembre (fra qualche giorno), per poter consentire almeno un mese di tempo per effettuare le transazioni.

L’IRS calcola gli RMD sulla base dell’età e del valore del conto … ma riferito alla fine dell’anno precedente.

Se un conto di un investitore valeva 100.000 dollari al 31 dicembre del 2021, ipotizziamo che l’IRS calcoli un RMD obbligatorio di 5.000 dollari.

Se il mercato fosse salito, e il conto avesse un valore aumentato, poniamo a 110.000, l’investitore, di fatto, non intaccherebbe il capitale e preleverebbe una percentuale ragionevole degli assets del conto.

Se il mercato, come nel 2022, è affaticato e il valore del conto da 100.000 fosse sceso, poniamo, a 75.000, quegli stessi 5.000 dollari rappresenterebbero il 7% circa delle attività del conto.

Questi numeri, in apparenza poco significativi, se applicati ad una popolazione molto vasta, dotata della maggior parte degli assets dell’intero sistema, possono rappresentare una grande pressione di vendita sui mercati.

C’è anche un ulteriore fattore di cui tenere conto.

L’anno 2022 è stato pessimo per il mercato azionario, ma è stato un anno ancora peggiore per le obbligazioni. Molti segmenti del mercato obbligazionario sono in calo dal 15% al 30% quest’anno.

La combinazione negativa di azionario e obbligazionario entrambi in discesa è molto insolita.

Dagli anni ’50, la correlazione inversa dell’azionario e dell’obbligazionario è stato il mantra con cui si sono costruiti storicamente i portafogli degli investitori: nei fondi pensione americani, la tradizione vede applicata la regola del 60/40, cioè 60% azionario e 40% obbligazionario.

La combinazione insolita di cui sopra ha determinato l’anno peggiore della storia per tali tradizionali strategie. Per fare un confronto, l’oscillazione di tali portafogli in un anno terribile come il 2008, non ha superato il 15-20% mentre l’S&P500 è crollato del 40%.

Tutto questo, messo insieme, crea un rischio immediato sul mese di dicembre.

In pratica, c’è un numero maggiore di persone che detengono una percentuale molto alta di azioni e obbligazioni che potrebbero essere costrette a vendere una quantità maggiore del solito dei loro investimenti nelle ultime settimane di quest’anno.

Ovviamente, questo non implica una necessaria caduta del mercato. Ma sicuramente un vento contrario che alimenta la pressione di vendita, qualora il rally di rimbalzo in corso dovesse iniziare a svanire.

Secondo i nostri algoritmi temporali il 6-8 dicembre potrebbe essere una data possibile di inversione. Ma anche il 23 dicembre è una data fortemente candidata ad essere significativa.

Così, difficile dire se assisteremo a dicembre alla fine dell’onda rialzista in corso. Temo che le probabilità che questo avvenga siano piuttosto alte.

 

 

 

 

 

 
 

Maurizio Monti
Editore Traders’ Magazine Italia

P.S.: In 40 anni, ad una cosa non ho mai rinunciato. Ascoltare. Sentire altre persone, confrontare opinioni, apprendere punti di vista.

E’ una scienza anche questa, ma fornisce un formidabile ritorno sul tempo investito.

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