La parabola di Bessent.
Chi andrà in bancarotta.
Musk ha fondato America Party.
Il partito dell’”America”, un po’ come il golfo del Messico divenuto golfo di America.
America Party sarà il futuro concorrente di America Great Again, che è il vero partito repubblicano di oggi: tenuto conto delle potenziali risorse finanziarie che presumibilmente il partito avrà, può divenire il futuro terzo polo della scena politica americana.
Insieme con l’annuncio ufficiale della fondazione del partito, Musk ha sparato a zero sul futuro degli Stati Uniti, ormai entrato nel vortice di un debito fuori controllo: gli Stati Uniti, secondo Musk, andranno in bancarotta.
Se anche Musk, nel frattempo, andrà in bancarotta è difficile da prevedere, ma è meno probabile.
Ha sparato a zero sulla legge finanziaria voluta da Trump, colpevole di esagerare ancora di più un debito divenuto pericoloso nella dimensione e nel peso dei tassi di interesse pagati.
Se sarà il debito a mandare le borse in tracollo, prima della fine della presidenza Trump, con maggiore probabilità fra aprile 2027 e aprile 2028, come è nostra opinione, non saprei dirlo.
Può essere certamente una componente.
Powell e i tassi americani.
Nell’arco di pochi mesi, c’è il rinnovo di 9 trilioni di dollari di debito. Se verranno rinnovati ai tassi attuali, certamente, non sarà piacevole per il tesoro degli Stati Uniti.
Come al solito, in mezzo, ci sarà il solito rischio default del Tesoro, che dovrà essere mediato con una votazione del Congresso per innalzarne il limite per l’ennesima volta.
Powell sembra fermo nell’opinione di non alzare i tassi.
In un contesto dove imprevedibilità, improvvisazione e follia dominano, lui sembra tenere il timone a dritta.
E ha ragione: non ci sono le condizioni economiche per abbassare i tassi, e, per di più, se la politica dei dazi rimane incerta è impossibile calcolare l’impatto sull’inflazione.
Così, Trump, e questa è la vera ragione per cui lo ha fatto, non ha trovato di meglio che ribadire il 9 luglio come data improrogabile per l’applicazione dei dazi, che gli USA imporranno unilateralmente in caso di mancato raggiungimento di un accordo.
In realtà, è Bessent, il Segretario al Tesoro a sollecitare la necessità assoluta per il debito statunitense di un minore peso di tassi di interesse.
Bessent, il primo segretario al Tesoro dichiaratamente gay.
Bessent è considerato dai mercati una persona competente.
Dal 1991 al 2015 fu socio del Soros Fund Management: per intenderci, partecipò attivamente all’affondamento della sterlina britannica nel 1992, all’attacco contro la lira, e, più tardi, nel 2013, al tentativo di annientamento dello Yen.
I miliardi di dollari accumulati furono frutto di quelle operazioni.
Quando tentò un proprio Hedge Fund, nel 2000, gli andò male e il fondo fu messo in liquidazione del 2005, “perché aveva troppo ascoltato i desideri degli investitori”.
Narciso non avrebbe saputo inventare una motivazione più appropriata.
Dal punto di vista politico, ha sostenuto tutti, in modo da poter sempre collocarsi sul carro dei vincitori: così, riuscì a sostenere Al Gore, Barack Obama e perfino Hillary Clinton, ma non mancò di donare un milione di dollari nel 2017 per il partito di Trump.
Saltò un giro con Biden (per lo meno, non ne ho trovato traccia), per tornare a finanziare la campagna di Trump nel 2024.
Bessent è gay: al contrario delle truppe dell’esercito americano, questo non gli ha impedito di essere scelto da Trump come Segretario al Tesoro.
Nondimeno, il diverbio scoppiato alla Casa Bianca fra Musk e Bessent, dove voci non confermate parlano addirittura di lite finita in reciproca aggressione fisica, ha certamente avuto una componente, più o meno conscia, dovuta alle sue abitudini sessuali, poco gradite al machismo fascistoide di Musk.
Trump ha dovuto prendere forzosamente posizione fra i due: mentre Musk era ormai un rifiuto a perdere, Bessent era una risorsa troppo preziosa e competente in un ruolo dove i cioccolatai yes-man di cui Trump si è circondato non potevano sopperire alla abilità di Bessent.
Bessent è la persona che è stata ascoltata dal mercato: se il mercato ha preso la strategia TACO come riferimento, cioè Trump abbaia ma finisce per cedere, è perché Bessent ha dichiarato pubblicamente che l’applicazione generalizzata di dazi al 20% proposta da Trump era “una indicazione massimalista destinata ad annacquarsi nelle trattative con i partner commerciali”.
Cioè: non credetegli troppo, poi ci si mette d’accordo.
Finora i mercati, dopo il 10 aprile, hanno creduto a lui.
La Festa dell’Indipendenza.
Come avevamo indicato nel nostro articolo riservato agli abbonati a Traders’ Magazine
https://www.traders-mag.it/sp500-nasdaq-proiezione-luglio/
il periodo 4-7 luglio coincideva con una possibile pausa dei mercati.
Trump, come detto sopra, ha confermato la data del 9 luglio, indipendentemente dai risultati raggiunti nei colloqui con i partner commerciali.
Cosa che ha influenzato negativamente il mercato dei future, aperti in orario ridotto nel giorno della Festa dell’Indipendenza.
Con volumi ai minimi termini, l’S&P500 future dopo nove barre positive, ne ha fatta una negativa, andando ad appoggiarsi sul livello 6276, dopo avere toccato nel giorno precedente il prezzo 6333.
L’analisi di mercato.
Nell’articolo dedicato all’analisi di mercato e riservato agli abbonati a Traders’ Magazine, esaminiamo la proiezione sui massimi dell’S&P500 e del Nasdaq.
La settimana si è chiusa con una divergenza, dove il Dow Jones non ha toccato nuovi massimi storici, al contrario di S&P500 e Nasdaq.
Ora nelle prossime due settimane, e comunque entro la data del 23 luglio, i tempi sono maturi, ad ogni momento, per disegnare un massimo, da cui il mercato deve probabilmente ritracciare.
Il ritracciamento è relativo a tutto il movimento dai minimi del 7-10 aprile fino al massimi che verranno, se non sono stati già fatti: si tratta quindi di un ritracciamento più significativo, probabilmente, di quelli visti finora all’interno del ciclo rialzista.
La durata calcolata con il sistema probabilistico ciclico per il ritracciamento sarà da 8 a 27 giorni, con tre onde ABC.
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