Siamo quasi d’accordo con Jamie Dimon

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Sarà la volta buona?

Il 7 aprile scorso, la CNN ha pubblicato un intervista della instancabile giornalista Poppy Harlow al CEO di JP Morgan, Jamie Dimon.

Gli argomenti trattati sono stati molti, dalla crisi delle banche, alla guerra in Ucraina, ai rapporti USA-Cina, fino alla campagna elettorale per le elezioni 2024.

Dimon è convinto che il sistema bancario americano ha fondamenta solide, anche se non esclude qualche altro fallimento bancario nelle prossime settimane, e, comunque, ritiene che la situazione attuale non sia paragonabile a quella che ha preceduto la grande crisi del 2008.

C’è stato però un punto, dove abbiamo ritrovato nell’analisi di Dimon una coincidenza con l’opinione che ci siamo formati dall’inizio dell’anno: che si è tradotto, per noi, nel prevedere il momento difficile vissuto dai mercati fra il 10 e il 24 marzo, e quello che prevediamo debba ancora accadere, presumibilmente dopo la metà di maggio.

Un momento cruciale dell’intervista, è stato quando la Harlow ha chiesto l’opinione di Dimon riguardo alle considerazioni di alcuni analisti in merito ad un possibile default degli Stati Uniti in caso di un mancato accordo riguardo all’estensione del tetto del debito americano, sottolineando che, al momento, non è possibile vedere un accordo al Congresso che metta insieme le posizioni molto divergenti di Democratici e Repubblicani.

E’ bene precisare che di Dimon possiamo dire molte cose, pro e contro, ma di sicuro è persona bene informata sui meccanismi che coinvolgono il Congresso, essendo stato consulente sia della Casa Bianca che del Congresso medesimo in materia economico-finanziaria.

La sua prima reazione è stata: ““Not as long as I’m alive. Boy, we’re going to keep fighting this one” . Così, “finché vive”, Dimon non vedrà il default degli Stati Uniti, perché si sta lavorando per evitarlo.

Nondimeno, Dimon ha aggiunto che nei prossimi mesi potrebbero esserci delle conseguenze economiche percepite dai mercati e se un default potenziale fosse vicino “you’ll see it in the markets and that will scare people”: lo vedremo sui mercati e la gente ne sarà spaventata.

In sostanza, ed è quello che temiamo anche noi e di cui parliamo da parecchie settimane, non è tanto il fatto concreto che ci possa essere un default effettivo degli Stati Uniti, quanto che ci sia un panico che possa diffondersi in modo più o meno manovrato o più o meno isterico che contribuisca a deprimere l’umore del mercato.

Le conseguenze sul mercato azionario sarebbero, in questa ipotesi, piuttosto marcate; le variabili in gioco, per prevedere la magnitudine del movimenti, sono ancora incerte, dipendono dai massimi relativi che il mercato andrà a fare in maggio (e quindi il punto iniziale di caduta) e, ancor di più, la durata della fase di incertezza, che potrebbe prolungarsi probabilmente per tutto il mese di giugno e almeno una parte del mese di luglio.

Anche se non riteniamo che i minimi del 2022 vengano violati, non possiamo escludere che se la fase ribassista dovesse perdurare a lungo nell’estate del 2023, essi vegano ritestati o appena perforati. In quell’occasione, di nuovo si griderebbe alla catastrofe con le più fantasiose previsioni per l’S&P500 fino a quota 2000, come abbiamo visto fare spesso negli ultimi 12 mesi.

Se i massimi dell’S&P500, in maggio, fossero nell’area 4300, una gamba ribassista fino a 3500 significherebbe un’onda da 800 punti, che certamente abbiamo visto più volte in passato. 

Molte, peraltro, sono le zone di supporto da rompere, e, in particolare potremmo verificare la tenuta dell’area 3788: in questo ultimo caso, l’ipotesi sarebbe di una caduta di circa 500 punti, o anche meno.

Queste sono le ipotesi più probabili, con i dati conosciuti al momento. Quando vedremo i prossimi massimi relativi dell’S&P500, avremo valutazioni più precise da fare.

Non riteniamo che vedremo “la vera catastrofe” nel 2023, intendendo un ribasso superiore al 35% rispetto al massimo del 5 gennaio 2022. E i minimi del 2022 rimangono un punto di riferimento ancora molto importante.

Alcuni nostri indicatori vedono una fase di rischio enorme per i mercati concretizzarsi in epoca successiva al novembre del 2024, con ribassi che potrebbero superare il 50% (così’ i sostenitori di area 2000 sarebbero accontentati, probabilmente quando avranno finito di prevedere 2000 come minimo). Ma di questo parleremo più avanti a tempo debito.

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P.S.: Non è frequente che siamo d’accordo con Jamie Dimon. Chissà che non sia la volta buona che ci sbagliamo insieme…

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Maurizio Monti

  Editore TRADERS’ Magazine Italia