Cambio di sceneggiatura cercasi

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Chi sarà la prima vittima?

L’economia degli Usa continua a tirare. I dati sul prodotto interno lordo pubblicati giovedì scorso mostrano, ancora una volta, un trimestre che schiaccia ogni previsione.

La recessione è una parola che sembra sconosciuta.

La spesa personale è aumentata a un tasso del 2.8%.

Questo quadra con l’analisi sugli utili delle imprese, dove i settori trainanti sono quelli dei consumi, necessari e voluttuari, mentre tutto il resto, compresi i financials, deludono le attese.

Nel briefing serale di Bloomberg del 25 gennaio scorso, Davide Rovella, managing editor di Bloomberg Digital, esprimeva un giudizio di sintesi di una “America che si allontana”, un missile che continua a salire.

Durante la settimana trascorsa, le borse mondiali hanno visto comportamenti alterni, vestiti comunque di prevalente euforia.

In Oriente, il Nikkei giapponese è salito ai livelli più alti di periodo, a ridosso dei massimi storici, nella giornata di lunedì 22 gennaio, ma è poi sceso per il resto della settimana.

Le borse cinesi e di Hong Kong toccavano invece i minimi a cavallo dei giorni 22 e 23 gennaio, per poi invertire la marcia con un forte rally in fine settimana. Curiosa divergenza con i giapponesi, che spinge a domandarsi chi ha ragione.

Gli indici europei hanno chiuso la settimana in rialzo: l’AEX olandese a circa 10 punti dal massimo storico, il DAX salito fino a 16.987, solleticando anche esso il massimo storico del 14 dicembre a 17.003.

Anche lo SMI svizzero ha vissuto la settimana in piena euforia rialzista.

I tre principali indici USA hanno raggiunto nuovi massimi storici, anche se la corsa sembra rallentata rispetto alla settimana precedente, probabilmente in attesa della conferenza FED del 31 gennaio.

Sempre sull’ottovolante il Bitcoin: dal massimo dell’anno a 49.435 dell’11 gennaio, al minimo di 38.460 di martedì 23 gennaio e poi ancora rally fino a 42.233.  

Il petrolio ha rotto la congestione verso l’alto, toccando 78.21 dollari nella giornata di venerdì 26 gennaio.

Laterale la tendenza settimanale sull’oro.

Una novità della settimana sembra riflettere la guerra ideologica Biden-Trump.

Lo stato del Texas, nell’opinione del suo Governatore Greg Abbott, dichiara di essere oggetto di “invasione”. Il riferimento è per l’afflusso di migranti dal confine sud.

Ha invocato quindi il diritto costituzionale di difendere l’integrità territoriale con la Guardia Nazionale del Texas.  

La Corte Suprema, malgrado l’origine trumpiana della stessa, ha emesso una sentenza di segno contrario a tale possibilità.

Biden ha aperto la possibilità di prendere il controllo della Guardia Nazionale del Texas, in caso di disobbedienza da parte del Governatore alla sentenza della Corte Suprema.

Il Newsweek, nell’editoriale di Ewan Palmer, pubblicato venerdì 26 gennaio, si chiede: e che cosa succederebbe in questo caso? evocando una sorta di spettro da clima di guerra civile, stile 1861.

E’ un altro sintomo del grave rischio che una America spaccata a metà e in continuo bilico fra due fazioni dalle visioni apparentemente inconciliabili costituisce per il mondo occidentale.

Gli USA devono trovare la forza di cambiare sceneggiatura. Di pensionare forzosamente Biden e Trump e trovare nuove energie per ricomporre il paese. Il rischio è mondiale, non locale.  

I mercati finanziari sono cinici e insensibili alle crisi politiche, fino ad un certo punto e fino che la politica non pregiudica i loro interessi.

Se non c’è un cambio di sceneggiatura, prima o poi, l’instabilità americana potrebbe arrivare anche ai mercati, che tollerano tutto, anche il peggio o addirittura l’orribile, ma temono l’incertezza.

Il dollaro sta solo rimbalzando o l’inversione di trend, con i minimi di fine dicembre, è già iniziata?

Salvo un piccolo temporaneo recupero dell’euro, rivedremo eurodollaro a 1.04 nei prossimi mesi?

 

E’ possibile.

 

 

 

 

 

 

Maurizio Monti

Editore Traders’ Magazine Italia

P.S.: Due violenti teatri di guerra che ci coinvolgono molto da vicino si sono aperti negli ultimi due anni.

Sembra tutt’altro che finita.

Il giornalista e storico Paolo Mieli, in una recente intervista televisiva, ha definito i tempi che stiamo vivendo “simili a quelli precedenti il secondo conflitto mondiale”. E, dal punto di vista della interpretazione storica, è persona che vale la pena di ascoltare.

Con una America spaccata, l’Occidente troverà molti nemici più aggressivi di prima sul suo cammino, incoraggiati dalla debolezza americana.

E il nanismo europeo può essere la prima vittima.

 

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