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Il Grande Crollo del 1987, quarta puntata

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Il weekend prima del Crash

In realtà, quel weekend, 17-18 ottobre 1987, dopo una settimana di paura da -10% a Wall Street, ebbe un altro elemento straordinario.

Il Chicago Mercantile aprì alla contrattazione dei professional di sabato. Tali e tante erano le posizioni da sistemare che venne presa questa insolita decisione.

La settimana aveva lasciato sul campo molti morti e feriti. Parecchi traders avevano accumulato debiti e alcuni di loro misero in vendita urgente la loro postazione nel floor di Wall Street.

Molti di loro ebbero seri problemi psicologici.

Uno di loro raccontò che per lungo tempo non riuscì a chiudere occhio di notte: l’immagine del pavimento dell’immensa sala delle contrattazioni di Wall Street piena di foglietti di carta di ordini ineseguiti o ineseguibili lo tormentava e gli riappariva, di continuo, impedendogli il sonno.

Due trader, a New York, in prossimità dell’orario di chiusura si erano azzuffati, disposti a farsi male sul serio se non fossero stati prontamente divisi, a fatica, dai molti colleghi.

Il floor di Wall Street, abitualmente rumoroso, aveva visto due giorni di inferno, nel giovedì e venerdì precedenti. I telefoni squillavano a ripetizione, i traders non tenevano testa alle richieste di vendita.

Gli ordini di vendita venivano dati prima con ordini limit, poi con ordini al meglio, a mercato, in qualsiasi modo pur di vendere.

Clienti importanti dei traders, in preda al panico, chiamavano al telefono senza rispettare le procedure esatte di identificazione e trasmissione degli ordini, aggiungendo confusione alla confusione.

La settimana trascorsa aveva qualcosa di surreale Non si trattava di una normale “correzione” del mercato. E’ vero, il mercato stava scendendo da alcune settimane, ma una accelerazione del -10% in una settimana aveva terrorizzato tutti.

Il weekend fu tormentato da notizie macroeconomiche tutt’altro che rassicuranti, riportate dal Wall Street Journal, dal New York Times e dal Washington Post.

Gli accordi del Louvre, dove gli europei avevano sperato di porre fine alla continua discesa competitiva del dollaro, sembravano ora carta straccia: la Germania, forte del proprio surplus commerciale, aveva imposto una tassa sugli interessi, che avrebbe spinto gli interessi all’insù.

Gli Stati Uniti, l’amministrazione Reagan, il ministro del tesoro James Baker rilasciavano dichiarazioni di lesa maestà.

Gli Stati Uniti avrebbero reagito, dicevano, alla mossa della Germania: in una trasmissione televisiva di domenica 18 ottobre, James Baker in persona dichiarava che era impossibile accettare che i paesi in surplus alzassero i tassi di interesse, costringendo il mondo, Stati Uniti compresi, a seguire la stessa via.

E lasciava intendere che il dollaro usciva, di fatto, dall’accordo del Louvre, sfondando la banda di oscillazione, secondo gli interessi commerciali degli Stati Uniti. Baker negò per sempre quella dichiarazione, sostenendo di essere stato male interpretato.

A poco era servita, dopo la chiusura dei mercati di venerdì 15 ottobre, la dichiarazione congiunta di un comitato presieduto da Ronald Reagan, con Alan Greenspan, James Baker e altri alti funzionari dei dipartimenti economici.

Il comunicato parlava di indicatori economici che dimostravano l’ottimo stato di salute dell’economia americana, pur con molto nervosismo osservato sui mercati.

Non era esattamente ciò che i mercati si aspettavano da mamma FED. Anzi, è molto probabile che il comunicato cagionò l’effetto esattamente contrario, mostrando una sostanziale impotenza istituzionale a fermare la furia ribassista.

Malgrado la paura che serpeggiava in quel weekend, nessuno, proprio nessuno si aspettava quello che sarebbe accaduto il lunedì successivo.

Dopo una settimana dominata dagli orsi, la vana speranza era di un rimbalzo, di una reazione, di qualcuno che avrebbe comprato.

I prezzi erano scesi, scendevano ormai da un paio di mesi e quello poteva essere l’affondo finale. Sì, proprio l’affondo finale, quello che si verifica alla fine delle fasi di discesa, quando il mercato scarica definitivamente la volatilità prima di risalire.

Il dollaro? Lascialo scendere … questa è Wall Street, la borsa più grande del mondo. E qualcuno che comprerà, lunedì, ci sarà senz’altro.

L’unico modo per dormire un paio d’ore, per alcuni, era pensarla così… e malgrado tutto, quelle due ore erano di sonno agitato.

(prosegue alla prossima puntata)

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P.S.: E così siamo quasi arrivati al giorno del Grande Crash: presto conosceremo che cosa avvenne veramente in quel lunedì 19 ottobre 1987. Parlare del 19 ottobre senza parlare di quello che avvenne prima, non avrebbe avuto senso.

Un grande crollo è sempre una somma di tanti fattori. E quelli che si erano accumulati nelle settimane e nei giorni precedenti furono la causa prima del crash.

Ma un crash è sempre un fenomeno emozionale. Qualche cosa che non svuota solo la borsa, svuota lo stomaco, lascia privi della sensazione di poter respirare. E’ quello che vedremo nei prossimi articoli.

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Maurizio Monti

  Editore Istituto Svizzero della Borsa

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