Controllare la propria immagine per controllare gli altri.
Tra la fine del XIX e l’inizio del XX secolo,
quando i progressi tecnologici stavano gradualmente rendendo la macchina fotografica un oggetto di uso quotidiano, John Pierpont Morgan era già una leggenda vivente.
Banchiere, finanziere, affermatosi come uno degli individui più potenti degli Stati Uniti, Morgan esercitò un’immensa influenza su interi settori: banche, progetti ferroviari, acciaio, elettricità… una figura che, vista da lontano, divenne quasi un simbolo del potere economico.
Ma dietro quell’immagine pubblica di dominio si celava un uomo con delle insicurezze, uno di quei dettagli intimi che poche biografie rivelano chiaramente.
Morgan soffriva di rosacea, una malattia cronica della pelle, che nel suo caso si evolse in rinofima, una forma avanzata in cui il naso si ispessisce, acquisisce noduli, lobuli, irregolarità, a volte ulcere e un colorito rossastro, persino violaceo, difficile da mascherare.
Quel tratto fisico, che potrebbe essere considerato di secondaria importanza rispetto al potere, al denaro o alla reputazione, pesò su Morgan in modo più decisivo di quanto molti immaginino.
La macchina fotografica come minaccia.
Morgan detestava farsi fotografare senza il suo permesso.
Non gli piaceva apparire senza sapere come gli altri lo avrebbero visto: come si delineava il suo naso deforme, come la luce metteva in risalto le ombre, come un’immagine statica potesse ridurlo a quel difetto visibile.
Nei ritratti ufficiali che autorizzava, insisteva affinché il suo naso o la pelle circostante venissero ritoccati per attenuare le imperfezioni, per “abbellire“, per attenuare il più possibile la parte che considerava rivelatrice.
C’è un aneddoto particolarmente vivido: in più di un’occasione, quando i fotografi cercarono di catturarlo senza autorizzazione, Morgan avrebbe reagito in modo aggressivo, usando il suo bastone come arma improvvisata per impedire alla macchina fotografica di scattare.
Non si tratta di una leggenda infondata: i resoconti e le descrizioni di coloro che lo conoscevano concordano sul fatto che fosse un uomo dalla presenza fisica imponente, spalle larghe, uno sguardo penetrante e una voce autorevole.
Ma concordano anche sul fatto che i suoi tratti del viso gli causassero vergogna e disagio, e lo rendessero molto geloso di qualsiasi rappresentazione visiva che non controllasse.
Ritratti, controllo e Steichen.
Uno dei momenti più rivelatori di questa tensione tra Morgan e l’arte della fotografia si verificò con Edward Steichen.
Steichen era uno dei fotografi più rinomati dell’epoca, un uomo dotato di sensibilità estetica, abituato a posare personaggi pubblici, artisti e aristocratici.
Sapeva che in studio si doveva fare i conti non solo con la luce, ma anche con l’ego, le paure e la privacy.
Si racconta che quando Steichen tentò di fotografare Morgan per un ritratto ufficiale, ci furono diverse riprese: una posa più formale, concordata con Morgan, un’altra in cui Steichen gli chiese di muoversi, di cambiare angolazione.
Morgan era a disagio con le pose forzate, con pose che gli ricordavano la sua malattia, le sue imperfezioni, il suo naso in una luce intensa.
In alcuni di questi scatti, un momento di tensione pulsava: Morgan, irritato dal disagio, si trasformava.
La sua espressione si indurì e Steichen, catturando quella “realtà” – non la posa idealizzata – ottenne qualcosa di più compiuto: un ritratto che mostrava carattere, forza, presenza.
Non la perfezione, ma la verità dell’uomo dietro il mito.
Steichen in seguito disse che la lezione era questa: i ritratti migliori non sono quelli che cercano di nascondere i difetti o di mascherarli, ma quelli che catturano qualcosa della personalità del soggetto, anche se ciò richiede di portarlo fuori dalla sua zona di comfort, anche se c’è irritazione, anche se c’è vulnerabilità.
Quella tensione tra ciò che il soggetto desidera mostrare e ciò che la macchina fotografica può rivelare è ciò che dà vita al ritratto.
Morgan, Potere e Vergogna.
Perché per quanto ricco, potente e rispettato fosse, Morgan era umano.
Il suo naso, la sua rosacea, erano aspetti di chi era, ma anche ciò che lo limitava visibilmente.
Visse in un’epoca in cui l’immagine pubblica stava iniziando ad avere un valore crescente: fotografie sui giornali, ritratti sulle riviste, tributi ufficiali.
La macchina fotografica era una finestra che, pur contribuendo a ingrandire, poteva anche mettere a nudo le vulnerabilità.
Morgan sapeva che la sua reputazione non dipendeva solo da ciò che faceva, ma anche da come veniva percepito.
E la percezione visiva conta: un’immagine sfavorevole, un ritratto in cui l’illuminazione non è lusinghiera, un’angolazione da cui il naso appare bulboso, rosso o prominente possono alterare l’impressione di autorità, salute e vigore.
In un mondo in cui lo status sociale, gli affari e la fiducia si basano spesso anche sull’aspetto, Morgan capì che controllare la propria immagine faceva parte del controllo del potere.
L’eredità del naso ritoccato.
Nei ritratti ufficiali che venivano realizzati, Morgan consentiva il ritocco: levigare la pelle, correggere le ombre, nascondere le irregolarità.
In alcuni casi, persino negativi o copie da lui approvati venivano manipolati, dal fotografo o da lui stesso.
Complimenti a chi ha pubblicato l’immagine per non aver mostrato troppi dettagli della consistenza irregolare del suo naso o delle evidenti cicatrici da rosacea.
L’obiettivo era quello di proiettare forza, autorità e presenza, non di mostrare malattia, imperfezione o vulnerabilità.
Ma la verità rimaneva: tra chi lo conosceva di persona, il suo naso violaceo e prominente e la sua pelle segnata facevano parte della sua identità.
Ed è proprio la contraddizione a renderlo interessante: una figura pubblica di immenso potere, che controlla grandi aziende, ma che in privato soffre per la sua immagine davanti a un obiettivo.
Morgan morì il 31 marzo 1913.
Con lui se ne andarono molti segreti, molte decisioni prese nell’ombra: quali fotografie sarebbero state mostrate, quali ritoccate, a quali sarebbe stata data soprattutto importanza pubblica.
Ma i ritratti, le foto, alcune ritoccate ufficialmente, altre meno perfette, che rivelano il suo naso, le sue cicatrici, la sua umanità.
Nei mercati finanziari, ciò che gli altri credono e vedono può avere un impatto maggiore di ciò che accade realmente.
Le decisioni degli investitori sono influenzate da voci, dalla storia e dall’apparenza di forza o debolezza.
Morgan capì che controllare la propria immagine (anche una piccola parte, come il naso) lo aiutava a controllare il modo in cui gli altri lo percepivano.
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P.S. Sebbene Morgan soffrisse di rosacea e rinofima, non tutti i ritratti ufficiali mostrano il suo naso visibilmente deformato; molti sono stati accuratamente ritoccati o fotografati con un’illuminazione favorevole.
Questo suggerisce che Morgan abbia investito tempo e risorse nel controllo della sua rappresentazione visiva.
Era così consapevole di questo problema che la sua corrispondenza privata e le memorie di coloro che lo accompagnavano menzionano che evitava eventi in cui avrebbe potuto essere fotografato inaspettatamente; preferiva sempre che l’immagine circolasse preparata, autorizzata e in condizioni favorevoli.
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