La prossima caduta del nuovo Impero Sovietico

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Per fare carriera, devi insistere

Da un momento all’altro, tutto era finito.
 
Non c’era più nessuno al comando. Nessuno che potesse realmente dire che cosa fare, dare ordini, disposizioni.

Decenni di lavoro, di fatiche, nel mondo dello spionaggio e del controspionaggio sembravano dissolti nel nulla, all’improvviso.
 
I confini esterni della sede della Stasi, la polizia politica tedesca, a Dresda, in Germania Est, erano ormai stati violati e la folla si dirigeva verso l’ingresso principale.

Dall’altra parte c’era l’edificio dove c’erano le persone trattenute e fermate come dissidenti, e la folla le stava liberando. Un mondo moriva all’improvviso.
 
Era già trascorso un mese da quando il muro di Berlino era caduto, ma all’ufficio della Stasi di Dresda nessuno era realmente preparato a ciò che stava accadendo.
 
Passarono due giorni, interminabili. La folla era fuori del palazzo, accalcata presso l’ingresso principale, al freddo, ma assolutamente determinata a prendere definitivo possesso dell’edificio.
 
I funzionari del KGB che erano di stanza nell’edificio, chiedevano ordini da Mosca. Nessuno rispondeva. Impossibile, ritenta, nessuno risponde. Non c’è nessuno dall’altra parte.
 
Neanche il Soviet Military di Dresda aveva ricevuto ordini da Mosca: “Non possiamo fare nulla senza ordini …” la loro desolante risposta.
 
Il destino di tutti coloro che hanno qualcosa o molto da nascondere si stava inesorabilmente compiendo. E come in altre occasioni della storia, si cercava all’ultimo momento di nascondere ciò che non doveva essere visto.
 
I funzionari del KGB dislocati nella sede della Stasi, cominciarono a distruggere tutti i documenti. A bruciarli, l’ultima speranza di chi per mestiere ha scelto di essere un assassino professionista in doppio petto, per nascondere le proprie malefatte.
 
Un brillante loro esponente in carriera, ci racconta:
 
“Abbiamo distrutto tutto, bruciando carta giorno e notte. Tutte le comunicazioni, i messaggi, la lista di contatti, il network degli agenti. Io personalmente ho bruciato una quantità enorme di materiale. Bruciammo così tanta roba che la fornace scoppiava …”.
 
È sempre lui a narrare la sua angoscia:
 
“Ebbi la netta sensazione che il mio Paese, l’Unione Sovietica, non esistesse più. Come fosse scomparso… come se fosse un malato terminale ormai senza speranza di cure … una vera paralisi del potere.”.
 
E ancora:
 
“L’Unione Sovietica aveva perso la sua posizione in Europa. Dal punto di vista mentale, capii che una posizione costruita sui muri non poteva durare, ma avrei voluto qualche cosa di differente che nascesse al suo posto. Nulla di alternativo fu proposto. Questo è ciò che più mi fa male. Hanno distrutto tutto e sono scappati.
 
Quel giovane funzionario era molto ambizioso e fece una carriera esaltante. Trovò il momento giusto, successivamente, e arrivò al potere. Al massimo potere.
 
Il suo nome è Vladimir Vladimirovich Putin.  
 
Se vogliamo cercare di capire (mai, beninteso, di comprendere o assolvere, ma solo di capire) che cosa stia avvenendo in Ucraina, dobbiamo risalire a quel momento.
 

Lì nacque la nevrosi di Putin, il suo desiderio di rivalsa. L’immenso incontenibile inconfessabile senso di inferiorità verso chi aveva vinto una guerra di decenni senza sparare un colpo, solo vedendo l’avversario dissolversi da solo, per implosione. “Questo è ciò che più mi fa male. Hanno distrutto tutto e sono scappati.”
 
L’inevitabile destino delle dittature, accasciarsi su loro medesime, tornando ad essere la stessa polvere di cui sono costituite, si era compiuto.

Ora, noi, da gente comune, da cittadini qualsiasi, amanti della pace e della democrazia, attendiamo la prossima volta che il medesimo destino si compirà. E ci auguriamo arrivi presto, il più presto possibile.
 
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P.S.: Putin tornò da Dresda a Mosca nel febbraio del 1990.
 
Si guardò intorno e cercò di adattarsi a quel mondo stravolto, dove Gorbachev aveva concordato le prime elezioni libere della storia dell’Unione Sovietica.
 
È Catherina Belton, corrispondente di Reuters, sul suo “Putin’s People”, Harper Collins editore, a raccontarci un aneddoto curioso.
 
“Quasi immediatamente, egli cercò di approcciare una delle leader più in vista, una nuova eletta come membro del Congresso dei Deputati del Popolo, Galina Starovoitova.

Era una attivista per i diritti umani, di provata onestà che emerse facendosi largo nella caduta del potere sovietico.

Dopo avere ascoltato da lei un discorso di grande effetto per le elezioni del consiglio cittadino, Putin, allora un giovane dagli occhi chiari e una figura personale affascinante, camminò verso di lei e le disse che era rimasto fortemente impressionato dalle sue parole. Le chiese di poter diventare il suo assistente, in qualsiasi cosa… anche solo per farle da autista.
 
La Starovoitova, insospettita da un approccio così insolito, lo mandò via …”.
 
Difficile fare carriera, ma basta essere appena determinati e da qualche parte, prima o poi, arrivi.
 
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Maurizio Monti

  Editore Istituto Svizzero della Borsa