Intervista a Gianmarco Tognazzi (2° parte) – Il Vinificattore

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Milano. Intervista telefonica avvenuta in due momenti: il 22 gennaio e l’8 marzo, 2021.

Continua dall’uscita precedente (www.traders-mag.it/intervista-gianmarco-tognazzi-1parte/ ) Nella prima parte dell’intervista con Gianmarco Tognazzi, abbiamo parlato del cinema e del suo valore in Italia, ieri industria oggi artigianato, dei suoi ultimi prodotti filmici e teatrali, con un ricordo affettuoso e di grande stima verso la ditta Tognazzi-Armando, della categoria degli artisti, ampia ma lontana dall’essere quella collettività integrata e unita del passato, della pandemia con i suoi effetti nell’ambito artistico, soprattutto sulle maestranze di settore e su chi vive solo dello spettacolo dal vivo, dell’importante istituto mutualistico del Nuovo IMAIE, di cui Gianmarco è portavoce per la parte di audiovisivo, con un cenno alle associazioni di categoria, anche recenti come U.N.I.T.A., che lottano per difendere e rinforzare la figura professionale dell’artista. I temi principali sono stati (e ci torniamo) La Tognazza e naturalmente il papà Ugo, che ‘aleggia ovunque’: Gianmarco mi ha raccontato dell’evento annuale del torneo di tennis, fonte di amicizie anche per lui, ideato dal padre e dell’amore di quest’ultimo per la convivialità e la cucina, attorno alla quale un tempo nascevano rapporti amicali e collaborazioni professionali, ma anche idee e progetti. Fra i legami importanti di Ugo Tognazzi, quello con l’amico Luciano Salce, grazie al quale la sua carriera ebbe una svolta decisiva che lo consacrò nell’olimpo dei mostri sacri della commedia all’italiana. Nel 1961, il grande attore interpretava ‘Il federale’ del regista ferrarese (cugino della mia amata nonna Silvana Salce e ne sono orgogliosa).

Quei luoghi sicuri anche in pandemia: teatri, cinema e musei.

Basile: La cultura è un valore essenziale per i singoli e per la collettività, anche sul piano della salute psicologica. Sono totalmente contraria alla chiusura di cinema e teatri specie prolungata.

Gianmarco Tognazzi: Nonostante la realtà dei fatti abbia dimostrato che ci sono motivi più grandi di ingestibilità del virus, non trovando delle giuste contromisure, quei motivi hanno spinto a optare per una chiusura totale, come avvenuto durante il primo lockdown, e successivamente parziale. E si è arrivati ad associare cinema, teatri e musei a palestre e piscine. La cosa grave, a mio giudizio, non è la chiusura, perché è forse anche condivisibile che i luoghi di aggregazione possano essere un problema da gestire, ma l’aver passato alla gente, già confusa di suo dalla situazione, il messaggio che quei luoghi, nella seconda ondata, potessero essere proprio quelli da cui il virus si propagava. Ne conseguirà un prezzo da pagare, dovuto, non (solo) al non aver fatto uscire dei film, ma alla sfiducia che le persone avranno sviluppato nei confronti delle sale cinematografiche e teatrali che, quando torneremo in situazione di normalità e alle riaperture, parranno loro meno sicure di altre location.

Basile: Che siano pericolosi teatri e cinema dal punto di vista della trasmissibilità del virus, per me è incredibile. Ho spesso ripetuto di essere io stessa una testimonianza vivente della loro sicurezza, poiché, avendo, nel 2020, partecipato ai film festival in presenza organizzati, in ordine cronologico, a Venezia (77° Mostra Internazionale d’arte cinematografica di Venezia), Siena (24° Terra di Siena International Film Festival) e Roma (15° Festa del cinema di Roma) e frequentato i cinema e i teatri della città in cui vivo, Milano, fintanto che sono rimasti aperti, non mi sono mai ammalata, anzi il mio spirito rifocillato ha gioito e sappiamo quanto incida la nostra salute emotiva su corpo e psiche.

Gianmarco Tognazzi: A un certo punto si è deciso ‘cinema e teatri chiusi, musei e chiese no’, il che, per me, si è rilevata una contraddizione totale. Musei e chiese sono  luoghi di aggregazione attivi, cinema e teatri no, sono passivi (le persone sedute guardano in silenzio per un paio d’ore un palco o uno schermo, stando distanziate con indosso sempre la mascherina). Nemmeno i dati comprovano la pericolosità di questi luoghi, semmai è il contrario. Però ne derivano un’informazione sbagliata e l’accusa infondata agli artisti che si lamenterebbero senza capire la gravità del momento: non si può attribuire la responsabilità solo a qualcuno o a un unico settore. Tutta questa sfiducia, insieme a quel ragionamento che ha portato alla chiusura, fanno capo anche al fatto che laddove non c’è, né c’è stata, una categoria chiara e collettiva presentatasi presso le istituzioni in vari momenti della storia del paese, come quelli che hanno segnato i cambiamenti tecnologici e sociali, ci si ritrova a ricevere, nei confronti di tutto il settore, una considerazione, istituzionale appunto, piuttosto relativa, specialmente se ci si confronta con altri settori che forse sono stati sempre più compatti.

Basile: Una condivisione molto interessante. C’è da sperare che il settore si renda compatto, il tempo di farlo c’è, ma non so da dove o da chi debba partire. L’azione dovrebbe partire da chi in Italia ha un potere decisionale nel settore? Di certo mi metterei in fila per essere parte del gruppo.

Gianmarco Tognazzi: Non so farti un diagramma di quanto sia fattibile che il settore si compatti, per decenni non è accaduto. Tanto ci vuole per smontare una casa, tanto ci vuole a rimontarla.

Il sogno di una collettività artistica come in passato. Dal Vecchio IMAIE al Nuovo IMAIE.

L’importante (direi essenziale) istituto mutualistico che prende il nome di Nuovo IMAIE – l’ex IMAIE oggi si chiama Vecchio IMAIE – è una ‘collecting’ nata nel 2010 per la ‘tutela dei diritti connessi dovuti allo sfruttamento di opere audiovisive e musicali’ (www.nuovoimaie.it/). Il relativo presidente è l’avvocato Andrea Micciché, i cui saggi e corsi, alcuni, vertono sul Diritto d’Autore (www.beniculturali.it/mibac/multimedia/MiBAC/documents/1289231616139_Micciche_Andrea,_curriculum.pdf ; video messaggio: https://www.nuovoimaie.it/live-con-andrea-micciche/), mentre Maila Sansaini, anch’essa con un curriculum che denota competenza, ne è il direttore generale (www.imaie.it/PDF/curricola/mailaSansaini.pdf ; www.nuovoimaie.it/chi-siamo/organi-collegiali/). A svolgere i ruoli, delicati e, a mio avviso, assegnati a chi è più indicato per ricoprirli, di portavoce per l’audiovisivo e di portavoce per la musica sono, rispettivamente, Gianmarco Tognazzi e Dodi Battaglia (dei Pooh: https://it.wikipedia.org/wiki/Dodi_Battaglia). Lo scorso anno, Gianmarco e Dodi hanno fortemente promosso il fondo di solidarietà istituito da Nuovo IMAIE per aiutare la filiera creativa (www.rockol.it/news-712773/nuovoimaie-fondo-solidarieta-coronavirus-dodi-battaglia-tognazzi-video) nel periodo dei lockdown, durante i quali immensi sono stati i danni per il mondo artistico, soprattutto nel settore dello spettacolo dal vivo, come i concerti live o il teatro di prosa. A proposito di teatro, io stessa ho visto crollare un’occasione d’oro, ma almeno non vi avevo investito ancora il grosso (anche se ne sono stata destabilizzata e fortemente addolorata).

F1) Gianmarco Tognazzi in bianco e nero

Gianmarco Tognazzi in uno atto ‘drammatico’ anche molto simpatico.
Fonte: Ph. Erica Fava

Basile: A proposito di compattezza di settore e tutela dei diritti connessi, approfondiamo il discorso sul Nuovo IMAIE, sono iscritta pur io, e sul tuo ruolo cruciale in esso che so quanto ti stia a cuore.

Gianmarco Tognazzi: Il mio ruolo, come quello di Dodi, consiste nel rappresentare gli artisti, nel mio caso, del settore audiovisivo. Consiste, anche, nel portare dall’esterno all’interno le istanze e anche i dubbi che si generano nella categoria (degli artisti) di fronte a certe problematiche che l’istituto del Nuovo IMAIE si trova a cercare di risolvere. Il lavoro delle ‘collecting’, come questa, nei confronti della categoria è, in parte, relativo alla tutela delle opere (cinematografiche, televisive, …), quindi ai proventi legati al loro utilizzo e, in parte, di tipo mutualistico. Oggi abbiamo oltre 20.000 soci in Italia e centinaia di migliaia di soci stranieri come rappresentanza in reciprocità (www.nuovoimaie.it/nel-mondo/gli-accordi-internazionali/ ; www.nuovoimaie.it/artisti/).

Il Vecchio IMAIE, dalla musica all’audiovisivo
Conosco bene l’IMAIE, io ci sono dentro da una vita. Quello così detto Vecchio esisteva dagli anni 70 per il solo settore della musica dei cui artisti tutelava i diritti. Nel 1998, grazie ad una direttiva europea, fu stabilito di introdurre anche il settore dell’audiovisivo: le complicazioni e difficoltà in cui l’istituto incorse, specie nei primi anni, non furono poche; inoltre, qualcuno se ne approfittò. La categoria degli artisti in Italia, più che altrove, necessitava di un riconoscimento, visto che in Francia, per esempio, il corrispettivo dell’IMAIE per l’audiovisivo già esisteva, fra l’altro essendo un istituto distinto da quello per la musica. Oggi si chiamano rispettivamente Adami e Spedidam. (www.senato.it/documenti/repository/commissioni/comm10/documenti_acquisiti/AS%203110/Nuovo%20IMAIE%20-%20Quadro%20EUROPA%20collecting%20artisti%20concorrenza.pdf ). Da noi, per non creare un secondo istituto, a livello ministeriale si era deciso per una vera atipicità: creare due compartimenti all’interno dell’IMAIE, unica fonte per l’artista di proventi derivanti dall’uso della sua opera. A proposito di diritti, divergiamo anche dagli americani, presso cui la loro cessione avviene a mezzo di un certo tipo di contratti che permettono all’artista addirittura di guadagnarne più che dal suo cachet. Con l’IMAIE si aveva dunque un unico ente istituzionalmente controllato, insomma si trattava di monopolio, il che, a mio parere, non è un concetto assurdo, era ed è così anche in altri paesi.

Tuttavia, la gestione dei diritti degli artisti del panorama musicale e dell’audiovisivo, benché sembrino simili, è molto diversa; era un mare magnum complesso per il quale serviva un know how organizzativo, un database completo e dei servizi correlati per la tutela degli artisti dell’audiovisivo. Un gran lavoro! Intuibili furono dunque i ritardi e alcune imprecisioni. Non vuole essere la mia una giustificazione per cosa non funzionò a livello di IMAIE, ma un dato di fatto da tenere presente. L’istituto fu suscettibile di parecchie critiche, ma il lavoro sebbene raddoppiato veniva svolto dallo stesso numero di dipendenti (mi pare 35). Negli anni 2000, quando l’istituto aveva trovato una sua certa conformazione, vi furono delle problematiche tali e degli scandali, attribuiti poi a un certo tipo di gestione dell’istituto e al cda interno, ma non al presidente o al direttore, che portarono al fallimento e alla chiusura dell’IMAIE (siamo interrotti dall’abbaiare del vivace Pluto, il bassotto di Gianmarco, ndr). Le leggende metropolitane sull’ accaduto si sprecarono come in un circo mediatico, contornando la realtà di tante storie lesionistiche della categoria. Chi si comporta male va punito, ma non si può fare di tutta l’erba un fascio! Al vuoto legislativo che seguì fu opposta la decisione, durante il governo Monti, di liberalizzare il settore di diritto connesso, cioè non doveva più esserci un unico istituto, ma si doveva aprire a più realtà la possibilità di rappresentare i diritti connessi nell’ambito artistico. Forse si rifecero anche a un emendamento legato alle orchestre sinfoniche. Nello stesso momento politico, molti altri settori professionali furono liberalizzati. Un interessante articolo sulla questione: www.dirittodautore.it/news/norme/pubblicato-in-gazzetta-il-dpcm-sulla-liberalizzazione-del-settore-della-gestione-dei-diritti-connessi/

Le regolamentazioni, tuttavia, vennero decise con poca conoscenza del settore (artistico) e poca attenzione alle sfaccettature della gestione dello stesso, perché furono, non solo a mio parere, semplicistiche, con la conseguenza che quasi chiunque poteva auto-costituirsi come ‘collecting’ per rappresentare un certo numero di artisti. Onestamente, ho sempre pensato che la liberalizzazione fosse un errore, non perché sbagliata in sé, ma perché per il tipo di argomento, nell’interesse della categoria, bisognava optare per una sua strutturazione unitaria sostenendo quella compattezza che la liberalizzazione, invece, rende(va) difficile spingendo a una disgregazione ulteriore della categoria. Quindi non dico che non sia giusta la liberalizzazione, ma che servivano regole più definite chiare e ponderate con riferimento a dei soggetti ben precisi e non alla categoria in generale, a un istituto, a dei dipendenti o a dei direttori assenti dal cda. Invece avrei trovato utili due istituti come in Francia, uno per la musica e uno per l’audiovisivo.

Il Nuovo IMAIE, la rinascita e i risultati
Il Nuovo IMAIE è una realtà completamente diversa ed è tutta in mano agli artisti, piuttosto che alle parti sindacali o ai tecnici, che sono utili ma è giusto che un artista sia manager di sé. Per anni è esistito solo il rapporto con il sindacato attori, peraltro altalenante, ma è molto importante che un artista, oltre a essere tale, impari a essere gestore della propria figura professionale, per occuparsi direttamente dei problemi relativi al suo lavoro e alla sua categoria ed evitare quelle situazioni in cui chi lo rappresenta magari lo faccia in maniera generica. La posizione passiva non paga! Per fortuna negli ultimi 10 anni è cambiata grazie ad una nuova consapevolezza negli artisti. Quanto al Nuovo IMAIE l’unico elemento di continuità rispetto al Vecchio sono quindi i dipendenti, che non avevano responsabilità quanto all’accaduto. In 5-7 anni l’istituto è diventato il secondo maggiore al mondo, grazie a un incredibile balzo in avanti dal lato dei diritti, dei fatturati, dei contratti e della finalità mutualistica, specie verso chi è più svantaggiato. Miccicché, non solo ha moltiplicato fortemente i contratti con le controparti per la ricezione dei diritti, ma ha portato il fatturato a oltre 50 milioni di euro nel 2019 (www.rockol.it/news-710347/nuovoimaie-numeri-2019-e-festa-per-dieci-anni-2020#:~:text=NUOVOIMAIE%3A%20oltre%2050%20milioni%20di,festa%20per%20i%2010%20anni) ).

Il vero segnale di rinascita c‘è stato quando, in tempo record, proprio un anno fa (all’inizio del primo durissimo lockdown anti-covid19), s’è deciso velocemente di convertire i bandi dell’anno in corso in fondi covid poi erogati in appena 30-60 giorni e distribuiti con criterio, intervenendo, in particolare, sugli artisti i cui spettacoli dal vivo erano stati cancellati. Il Nuovo IMAIE, nell’anno della pandemia, ha elargito, con due tranche, entrambe da 2,5 milioni di euro nel settore musica e 5 per l’audiovisivo, in aprile e a giugno, e con due neo-fondi, il fondo Proietti e il fondo D’Orazio, un totale di 20-22 milioni di euro per sostenere una categoria in grave difficoltà. Se alcuni progetti per cinema e tv si sono potuti realizzare nel 2020, per gli spettacoli dal vivo non c’è stata speranza. I bandi si sono sempre attenuti all’articolo 7 (www.nuovoimaie.it/mission/ ). Invece di tradursi in opere cinematografiche, corti, documentari, sono andati in sostegno alla produzione di opere di intrattenimento/spettacoli dal vivo. Si tratta di elargizioni nette, come da legge, recuperate da copia privata (https://www.siae.it/it/utilizzatori/altri-servizi-bollini-certificazioni-dati-e-statistiche/copia-privata/copia-privata ). Quello che a livello teorico si faceva con i 600 euro dello Stato (www.nuovoimaie.it/bonus-600-euro-inps-chi-ne-ha-diritto-come-si-richiede-quando-scade-e-quando-viene-pagato/) in periodo Covid19, noi di fatto lo abbiamo permesso dando 3-4-5.000 euro subito. Un’eccezione nel nostro paese, dove da quando si dice di far qualcosa a quando la si fa puoi essere morto frattanto (è comunque spiritoso Gianmarco mentre lo afferma con veemenza, ndr).

Tutto ciò ha generato nei soci un’affidabilità dell’istituto, soprattutto nei più piccoli, come quelli che vivono solo di spettacolo dal vivo (altri professionisti legati al teatro, per esempio, lavorano in tv o al cinema), che, sopravvivendo, si sono visti tutelati i propri diritti in altro modo. Io sono molto orgoglioso. Orgoglioso di vedere un istituto così messo alla berlina tornare a essere pratico, trasparente e credibile, in grado di riconquistare la fiducia di chi, dopo averlo abbandonato, è poi tornato all’ovile, ma anche di ricostituirsi, ritrovare forza, moltiplicarsi e riuscire a dare delle soluzioni immediate ai richiedenti bisognosi in un paese che dà 600 euro a sostegno e ne chiede 6.000 di tasse (che non dovrebbe chiedere affatto). Per me tutto questo è stato fonte di grandissimo orgoglio. C’è gente che ha ringraziato l’istituto con le lacrime; sono stati aiutati un’attrice incinta restata senza lavoro, un attore caduto in disgrazia, gli artisti facenti fatica a farsi rispettare contrattualmente e così via. Sono orgoglioso del lavoro svolto dal presidente, dal direttore, dai dipendenti e da tutti coloro che partecipano al Nuovo IMAIE, come gli artisti che sono tornati a sentirsi parte di un’unitarietà e di un istituto che ha saputo intervenire con efficacia e immediatezza all’occorrenza. Per le questioni di cui un istituto mutualistico non può farsi carico ecco che subentrano all’uopo associazioni di categoria come U.N.I.T.A., nata nel 2020 e incentrata sulle problematiche e sulle questioni legate alla figura professionale dell’artista e non al diritto connesso. Il Nuovo IMAIE sostiene Villa Piccolomini, cioè la struttura che si occupa di attori disagiati lavorativamente (www.fondazionepiccolomini.it/ ). Per concludere, dopo che tanta unità è mancata, negli ultimi anni, in parte anche per via dell’emergenza Covid, un nuovo corso su fronti diversi con scopi diversi che però convogliano nella stessa direzione è stato avviato. Contiamoci.

Il sogno di una collettività artistica come in passato.
Altre associazioni di categoria. La più recente U.N.I.T.A.

Basile: Riassumendo, da un lato abbiamo il Nuovo IMAIE e altre ‘collecting’ per la tutela dei diritti connessi, dall’altro associazioni di categoria sulla figura professionale dell’artista come U.N.I.T.A.. Non sapevo di questa associazione: a questo punto il Covid ha prodotto anche degli effetti positivi.

L’associazione U.N.I.T.A è nata nel giugno dell’annus horribilis fra il primo durissimo lockdown – del marzo 2020, della chiusura totale, dei famigerati canti dai balconi (per chi l’aveva), delle città deserte, specie al nord, delle morti diffuse e inarrestabili per mancanza di una specifica conoscenza medica, della novità di un virus tremendo arrivato dalla Cina che la popolazione canterina pensava si sarebbe risolto in qualche mese – e gli altri, da ottobre in avanti, poco meno rigidi come regole imposte per la precauzione personale e collettiva, ma decisamente frastagliati con colori diversi da regione in regione, con gioia dei gialli e rabbia dei rossi, come in un gioco che tale ahimè non è mai stato, per sostenere e compattare la colpitissima categoria degli artisti. Naturalmente, essa collabora con le varie ‘collecting’, Nuovo IMAIE in primis. Fra gli obiettivi più interessanti che leggo nel manifesto dell’associazione: la stesura e l’approvazione di un CCNL per l’Audiovisivo con revisione di quello del 2018 per gli scritturati della prosa, l’istituzione di un Registro degli attori (lavoro avviato) per un corretto inquadramento della categoria e il sostegno alla donna, in società e sul lavoro, economicamente e come dignità personale. Colgo poi uno ‘sguardo’ all’estero, come collaborazioni con altre associazioni similari. Infine, il vertice del team è tutto al femminile.

Gianmarco Tognazzi: Il Covid un pò di compattezza l’ha regalata al nostro settore, anche per la sua lunga durata: non è per sfiducia, ma noi siamo molto discontinui, cioè, se dall’oggi al domani il Covid sparisse, è vero che qualcosa frattanto l’avrebbe smossa nelle nostre coscienze e nel nostro settore in termini di aggregazione per cercare e ottenere certi equilibri, ma noi, essendo anche molto bravi, quando passa la tempesta, a tornare alle nostre abitudini e a rioccuparci di noi stessi, ci potremmo benissimo dimenticare della collettività. Naturalmente, non si può sperare che lo stato di emergenza resti il più a lungo possibile così che la categoria rimanga compatta, ma, tornati alla normalità, bisognerà continuare a relazionarsi in questo modo fra noi come categoria e andare avanti nel nome della volontà comune di risolvere i nostri problemi. Negli anni 90, si erano raggiunti dei traguardi con il Sindacato attori, ma un’ondata non basta. A proposito di ondate anche U.N.I.T.A. è nata sull’onda emotiva ma ben venga! È solo che bisogna evitare il rischio di fare un passo avanti per poi tornare indietro e proseguire di nuovo in avanti e ancora indietro. L’ondata emozionale risolve qualcosina, ma ciò che realmente farebbe la differenza sono praticità e controllo continuato. Mi ripeto: è importante sfruttare questa esperienza e restare compatti pure dopo, quando si tornerà a una certa normalità, proprio per avere quella giusta considerazione che spetta a 500.000 professionisti, di cui circa l’80% è costituito da operai specializzati. Concludo così: noi non costituiamo un dettaglio nel nostro Paese, sebbene esattamente in questo modo siamo stati fatti passare.

L’intervista continua, nei prossimi giorni pubblicheremo la terza parte.

Alessandra Basile

Attrice e Autrice. Inoltre collabora con la Comunicazione corporate di un’azienda. E’ Life Coach ICF e dal 2018 Mediatore giudiziario. Presiede l’Associazione filodrammatica Effort Abvp con la quale ha interpretato e prodotto diversi spettacoli teatrali a tematica sociale, fra i quali una pièce contro la violenza domestica, “Dolores”, della cui versione italiana è co-autrice Siae. Ama scrivere di film, spettacoli e personaggi.
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