THE FATHER di Florian Zeller con Anthony Hopkins e Olivia Colman

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Recensione della pièce in film che vede l’incredibile Anthony Hopkins in un’interpretazione da Oscar

Il tema della pièce ‘Le père’, cui ‘The father’ è ispirato, nata per il teatro e scritta dallo stesso Zeller, qui alla regia del film, è noto a un numero di persone nel mondo molto alto, ma è reso, si potrebbe dire, con gli occhi di chi soffre in prima persona ed è questa l’originalità di pièce e film. Si aggiungano giusto le due interpretazioni dei personaggi principali, quella di un gentiluomo e straordinario attore come Anthony Hopkins e quella di una superba Olivia Colman, che tutti ricorderemo in ‘La favorita’ (https://www.traders-mag.it/la-favorita-di-yorgos-lanthimos/), e il successo di ‘The father’ è garantito. Lo spettatore esce dalla sala delicatamente colpito da quell’ora e mezza di storia umana comune, eppure non meno tragica, e rassicurato da una regia di raffinata eleganza, che riesce a toccare temi difficili senza scossoni, bensì attraverso dei dettagli di luce, soffermandosi su alcune immagini e con i magnifici primi piani di attori capaci di elevare un testo già degno di nota. Ragionando sulla coppia artistica Hopkins-Colman, a dir poco vincente e di spessore, mi viene da commentare che attori nostrani di qualità non è che non ve ne siano, ma troppo di rado viene data loro l’occasione di lavorare su testi, dialoghi e prodotti come questi. Mi riferisco, lo preciso, agli attori davvero bravi, cioè non per forza noti, e alle donne sopra i 30 (!).

La trama del film
Il film si apre su Anthony, un bel signore distinto dagli occhi azzurri vivaci e comunicativi di ogni possibile stato d’animo dell’uomo, e, poco dopo, sulla figlia di costui, Anne, che entra in casa, gli fa delle domande e poi lo sgrida – bonariamente a dispetto della sua enorme preoccupazione in proposito – per non avere trattato bene quella che, quasi subito, si intuisce essere l’ennesima badante assunta e, in breve, persa. La musica che esce dalle grandi cuffie indossate da Anthony pervade il film e ci accompagna, seppure non ce ne rendiamo subito conto, in un viaggio letteralmente mentale che lui sta già compiendo. Quando si parla di grande musica per il cinema, la quale evoca immagini narrate o accompagna interpretazioni meravigliose come quelle dei nostri due protagonisti, spesso si fa riferimento a Ludovico Einaudi, autore delle colonne sonore di ‘Nomadland’ (miglior film agli Oscar 2021) e ‘The father’ (premiato, in particolare, con la statuetta al miglior attore protagonista Anthony Hopkins), tratte dagli album ‘Elements’, ‘Divenire’ e ‘Seven Days Walking’; Einaudi ha poi scritto un brano ad hoc per il film di Zeller, chiamato ‘My journey’.

F1) Locandina del film e trailer

La locandina del film “The Father” di Florian Zeller.
Fonte: https://cdncnw.18tickets.it/uploads/film/playbill/7268/f20d3608-22f1-44b5-88fd-1cf1abc9fcf3.jpg
Trailer (v.o.): https://www.youtube.com/watch?v=4TZb7YfK-JI
Trailer (italiano): https://www.youtube.com/watch?v=KeXssRPkCqw

Modus operandi registico e sceneggiatura
La cinepresa parte dal personaggio principale Anthony – dal suo mondo, dalle sue convinzioni, da quella musica nelle orecchie ascoltata di frequente, dall’orologio che indossa tutto il giorno ma che ogni mattina cerca nella speranza non sia stato rubato, dal quadro appeso in salotto che contempla e associa alla sorella di Anne, da quel suo modo di dare importanza al tempo quando dice ‘il tempo per me conta!’ – e va in giro, esplora, si sofferma sui visi di chi sta in casa, talvolta si ripete per un replay della scena e poi si chiude sulle tante foglie verdi di alcuni grossi alberi smossi dal vento, sui quali si affaccia l’enorme finestra di un edificio. Le foglie hanno un significato per Anthony, l’hanno per lui bambino. La sceneggiatura di Zeller e Hampton ha avuto dei riconoscimenti ed è comprensibile: è proprio da premiare.

Che cast!
Che dire di sir Anthony Hopkins? Cosa che non sia banale, a parte il fatto che andrebbe visto e ascoltato in lingua originale, perché una prestazione come la sua perde molto in qualità a causa del doppiaggio? Io ancora lo ricordo in un film stupendo dal titolo ‘Il silenzio degli innocenti’ che ebbe un grande successo, anche, se non soprattutto, per merito di una bravissima Jodie Foster nei panni di Clarice Starling e di un irraggiungibile Hopkins in quelli inquietanti del temuto e sanguinolento Dr. Hannibal Lecter. Che dire di un signore tanto talentuoso e, mi dicono, perbene, interessato agli altri e semplice? Di lui so che, per interpretare un ruolo, legge la sceneggiatura un centinaio di volte e, semplificando il concetto, la impara così. Mi è stato confermato da un attore che ha lavorato al suo fianco, rimasto colpito dal suo grado di attenzione e dalla sua umanità. È, quindi, non solo tecnicamente eccelso, ma anche una persona assai affabile. Che gioia dev’essere stata per Olivia Colman e per il resto del cast e, in particolare, per il giovane regista alla sua opera prima lavorare con lui in ‘The father’. E che ottima compagna di set, per Hopkins, la Colman! Un’attrice (anch’essa non andrebbe doppiata), mia coetanea, che non teme i segni del tempo e sa arrivare, anche in profondità, dove molte altre sue colleghe non riescono, che sa passare dalla regina Anna a una figlia destabilizzata dalla malattia inarrestabile, anzi degenerativa, del padre, a dispetto della dichiarata preferenza di quest’ultimo per l’altra figlia morta da tempo in un incidente. L’opera filmica conserva chiaramente e volutamente la natura di pièce teatrale del testo di riferimento; ecco un ulteriore motivo di plauso per ‘The father’, che aiuta lo spettatore ad apprezzare il teatro, prima e vera arte dell’attore, e così lo spinge, forse, a tornarvici in risposta ai ripetuti lockdown affrontati.

F2) Una scena del film con Olivia Colman in primo piano

Un intenso primo piano della Colman nella sua magnifica performance.
Fonte:https://content.internetvideoarchive.com/content/hdphotos/13022/013022/013022_1143x643_637357008993356082.jpg

Attori bravissimi con i loro visi segnati. E in Italia?
Nel film – la cosa mi ha molto colpita, perciò la sottolineo qui, con un invito a osservarla e a una riflessione – le due o tre attrici non sono giovanissime, né splendide dee senza difetti (anzi!), né tanto meno rifatte, ma, piuttosto, sono donne che restano impresse, con i loro sguardi intensi ricchi di vita vissuta, e che sono reali, imperfette, fra noi, compassionevoli nei panni che vestono, belle con i segni del tempo indossati con naturalezza sui loro volti, quasi evidenziati dalla fotografia del film. Propongo questo: cominciamo a conoscere le donne vere sul grande schermo anche in Italia, ad apprezzarle come si fa con un uomo âgé, dotato del fascino di Hopkins o di altri suoi colleghi, tra i quali, non ultimo, il grande Clint Eastwood. Quanto alle donne dello Star system, penso a Judi Dench o a Helen Mirren, premio Oscar per ‘The Queen’; che onore per Zalone girare con lei il suo ‘La vacinada’: www.youtube.com/watch?v=jNDGDBbWibo .

Vederlo?
Sì! Decisamente sì. Credo aver dato sufficienti elementi per decidere in tal senso, perciò non aggiungerò altro, ricordando che è un film raffinato, fatto di dettagli e di prospettive, arricchito da sguardi che parlano. Il mio voto al film è 9, al regista e alla Colman 91/2, a Hopkins 10 e lode!

 

Alessandra Basile

Attrice e Autrice. Inoltre collabora con la Comunicazione corporate di un’azienda. E’ Life Coach ICF e dal 2018 Mediatore civile. Presiede l’Associazione filodrammatica Effort Abvp con la quale ha interpretato e prodotto diversi spettacoli teatrali a tematica sociale, fra i quali una pièce contro la violenza domestica, “Dolores”, della cui versione italiana è co-autrice Siae. Ama scrivere di film, spettacoli e personaggi.
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Sito web: www.alessandrabasileattrice.com
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