Default del debito? Meglio non pensarci

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Il tempo di cambiare.

Se dovessimo cercare di farci una idea di che cosa sia un milione, un miliardo o un trilione, potremmo riferirci al tempo equivalente in secondi: 1 milione di secondi equivale a 11 giorni fa, 1 miliardo di secondi è 32 anni fa (oh, eri molto più giovane!) e 1 trilione di secondi è 30.000 anni avanti Cristo.

Non ti dico che cosa è il debito mondiale espresso in dollari, altrimenti ci spaventiamo.

Limitiamo l’indagine agli Stati Uniti che è divenuto il più grande debitore del mondo, avendo accumulato un debito di 31 trilioni di dollari,dopo avere accresciuto lo stesso di 7,3 trilioni nel solo triennio 2020-2022.

Il numero, che di per sé è scioccante (è il 120% del PIL), non tiene conto di molte cose. Per prima cosa, il debito pubblico locale degli stati e dei comuni è di altri 6 trilioni di dollari.

Secondo, non tiene conto delle passività non finanziate per la sanità pubblica Medicare, la previdenza sociale e gli obblighi pensionistici e relative passività sanitarie dei pensionati ex lavoratori del governo.

Anche in Italia, come in molti altri Paesi, nel debito pubblico non vengono incluse le passività future dell’INPS e del Servizio Sanitario Nazionale. Solo che una stima attendibile di tali passività negli Stati Uniti è la iperbolica cifra di 105 trilioni di dollari.

Come dire, 31 + 6 trilioni di dollari di debito già ci sono. 105 trilioni di dollari si sommeranno nei prossimi anni, insieme con il “normale” aumento del debito, che se dovesse continuare al ritmo di 7,3 trilioni ogni tre anni, dire che è destinato ad essere insostenibile è solo un eufemismo.

Nel 1991, con presidente Bill Clinton (come possiamo dimenticare lui e la Monika?: che bei tempi, ci divertivamo un mondo all’epoca solo a leggere le panzane che raccontava lui per difendersi), il bilancio degli Stati Uniti era in pareggio.

L’Italia era già fra i peccatori a oltranza, ma gli USA erano in pareggio. Poi, gli Stati Uniti hanno superato tutti.

L’aumento dei tassi di interesse, ovviamente, ha un impatto devastante su un debito di quelle dimensioni, come pure sul debito di tutti i Paesi.

Nel 2019, 2020 e 2021, l’importo pagato dal Dipartimento del Tesoro americano per interessi sul debito ha oscillato fra i 345 e i 376 miliardi di dollari l’anno. 
L’importo previsto nel 2023 è di circa 600 miliardi, ed è la quarta voce più significativa dopo previdenza sociale, assistenza sanitaria e difesa.

Ora, non ci sono vie di uscita se non stampare carta moneta. E tutto è andato bene finché i tassi di interesse erano zero e la carta moneta stampata riusciva a restare in un curioso circolo chiuso bancario senza generare inflazione.

Che cosa accade ora, è tutto da vedere.

I numeri degli Stati Uniti sono la punta più grande di un iceberg di debito mondiale, sostanzialmente fuori controllo.

L’acquisto di oro da parte delle banche centrali, che ha rovesciato, almeno temporaneamente, il trend negativo sull’oro e positivo sul dollaro, è la reazione ad una vera e propria crisi di controllo del flusso monetario.

I casi consimili storici di grandi crisi di debito hanno spesso coinciso con eventi bellici importanti. E qui mi fermo, parlare di debiti è un po’ logorante. E ho evitato di parlare dei debiti nostrani.

 

 

 

 

 

 
 

Maurizio Monti
Editore Traders’ Magazine Italia

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