Boccaccia mia….

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Prudenza e attenzione.

I tre principali indici americani non hanno fatto nuovi massimi in questa settimana.

Rimane una divergenza ribassista, perché nelle due settimane precedenti il Dow Jones non ha fatto nuovi massimi storici mentre il Nasdaq e l’S&P500 li hanno segnati.

Sui principali oscillatori, la divergenza ribassista sui tre indici è ormai una costante da molte settimane.

Siamo alla 21esima settimana dal minimo del 27 ottobre: i tre indici hanno segnato insieme una settimana con il segno negativo, anche se di poco. Il Nasdaq è stato il peggiore dei tre.

Il giorno 8 marzo, venerdì della settimana precedente a quella trascorsa, il future dell’S&P500 di giugno segnava il massimo a 5257: massimo, come detto, rimasto inviolato.

Lunedì 11 marzo, il prezzo affondava fino a 5157, 100 punti più sotto, per poi ritentare il massimo martedì 12 marzo. Anche nei due giorni successivi veniva ritentata una aggressione al massimo, che continuava invece a rimanere tale.

Venerdì 15 marzo, mezzora prima della scadenza tecnica in apertura del mercato, la pressione ribassista accelerava e l’S&P500 arrivava a 5167, dieci punti sopra il minimo del lunedì, ma sotto l’apertura settimanale.

La settimana entrante vede la riunione della FED nei giorni del 19-20 marzo: il 20 marzo alle ore 19 (non alle 20 come al solito, a causa della differenza nell’applicazione dell’ora legale in Europa rispetto agli Stati Uniti) sapremo la decisione sui tassi di interesse, dati al 99% di probabilità come stabili.

Alle 19.30 inizierà poi la conferenza di Powell.

I dati recenti sull’inflazione non sono positivi e le blasfeme e artificiose previsioni di 5-6 tagli dei tassi nel 2024 firmate Goldman Sachs e simili, volte ad incentivare l’euforia sull’azionario, sono state definitivamente archiviate.

Anzi, ora nessuno parla di tassi, hai visto mai che qualcuno si accorga che le previsioni erano dei fake per indurre il mercato al rialzo.

Nel contempo, penso che Powell si stia mordendo le labbra, per avere dato troppa apertura all’ottimismo.

Nei processi deflazionistici, la discesa dell’inflazione è raramente regolare, ma tutti sembrano dimenticarlo quando ci si trova dentro: così, Powell sta vivendo il complesso di Provolino (chi se lo ricorda?)… Boccaccia mia…

Gli algoritmi temporali forniscono la probabilità di un punto di inversione al 19-20 marzo, più o meno tre giorni, quindi in corrispondenza con la riunione FED.

Sembra che i mercati vogliano approcciare il giorno della conferenza, il 20 marzo, dal basso: se così è, potremmo vedere un minimo intorno a 5100 e poi a 5050, con un affondo possibile fino a 5015. Salvo, ovviamente, che non intervengano mani caritatevoli che provvedano a comprare subito, come avvenuto nelle settimane passate.

A quel punto, se la conferenza di Powell darà segni di ottimismo, ovvero qualcuno interpreterà e rimarcherà segni di ottimismo, il mercato tornerà al rialzo già da subito. Se questo non avviene, è possibile che la settimana potrebbe concludersi in negativo.

La rottura di 5000, potrebbe divenire pericolosa, ma non la riteniamo probabile. E’ già tanto se continua ad affondare un poco dai livelli attuali.  

Nella nostra visione, ci attende un altro mese di rialzo, almeno fino al 19 aprile e forse oltre: un target sarà definibile dopo avere accertato il minimo del movimento in corso.

Il 22 marzo, nella stagionalità, è il giorno più probabile del mese di marzo per una inversione, più frequente da un minimo. Quasi coerente e coincidente con l’algoritmo temporale, che vede il 19-20 più o meno tre giorni.

 

 

 

 

 

 

 

Maurizio Monti

Editore Traders’ Magazine Italia

P.S.: Il mercato è in preda ad euforia, ed è un eccesso dannoso, che verrà pagato, prima o poi.

Gli eccessi, in qualsiasi direzione si sviluppino, sono sempre qualche cosa di nocivo per il mercato e creano conseguenze negative di tutti i tipi.

Quindi, prudenza, attenzione ai margini, doppio livello di attenzione.

 

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