“LA ZONA D’INTERESSE” di Jonathan Glazer vince l’Oscar al miglior film straniero: la piaga sempiterna dell’olocausto batte la tragedia delle migrazioni di “IO, CAPITANO”

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Una bella immagine di Jonathan Glazer, il regista di “La zona d’interesse”, il miglior film straniero agli Oscar 2024. Fonte: https://live.staticflickr.com/65535/53255110321_b2e0327e22_b.jpg

Una casa benestante circondata da un ampio e curato giardino. Una famiglia di grandi e piccini, con una certa cura per i bambini e, forse, soprattutto, per gli animali, persino per i cespugli. Diverse persone al servizio dei padroni di casa, i quali sono gentili con loro o, invece, minacciosi in modo indegno nei loro confronti. Un argomento di lavoro per il capofamiglia: gli ebrei del vicino campo di concentramento e la sperimentazione di sistemi ingegnosi per ucciderli con il gas. Voto: 8,5.

Il film vincitore come miglior film straniero agli Oscar appena terminati, nonché la ragione reale per cui il favorito italiano “Io, Capitano” di Mattero Garrone (la recensione nella prossima uscita) è rimasto “solo” candidato alla statuetta d’oro più ambita in ambito cinematografico, è stato diretto da Jonathan Glazer e presentato, con successo, allo scorso festival di Cannes. Diversi i premi che ha conquistato già nel celebre lido francese, fra i quali il Grand Prix Speciale della Giuria e il Cannes Soundtrack Award; era, inoltre, in concorso per il più prestigioso, la Palma d’oro. A proposito di Oscar, il film se n’è aggiudicato due, di cui uno per il miglior sonoro. Fra gli attori principali, accanto a Christian Friedel, la encomiabile interprete dello strepitoso “Anatomia di una caduta” Sandra Hüller, nominata all’Oscar proprio per il suo ruolo nel giallo di Justine Triet.

Trama
Rudolf Höß è il comandante del campo di concentramento di Auschwitz, accanto al quale vive con la moglie Hedwig e cinque figli, oltre a del personale (ebreo). Altri personaggi compaiono nella casa, come la madre di Hedwig, in visita. L’area di interesse del titolo è quella intorno al campo e si estende per circa 25 miglia. I rumori e i fumi in lontananza colorano il cielo più volte al giorno, facendosi notare, soprattutto, alla sera, quando le nubi diventano rosa. Qualche grido di tanto in tanto, qualche sparo, qualche lontanissimo suono poco chiaro e poco positivo caratterizzano il tempo che, lento, trascorre in quell’oasi, nel mezzo della guerra e dei costanti omicidi di massa. Chi vive nell’area d’interesse è volutamente cieco all’orrore che, proprio nelle vicinanze, si sta consumando oltre il muro divisorio. Höss viene descritto come un papà attento, innamorato dei suoi bambini, che porta persino a pesca e a nuotare. Hedwig, che spettegola con amiche e parenti degli ebrei cui è stato tolto tutto, dagli abiti ai gioelli a ogni singola cosa loro appartenuta e rinvenuta, va fiera del giardino che lei stessa ha progettato e al quale dedica tempo nella cura quotidiana. Intanto, Höss approva il progetto di un nuovo crematorio, quello proposto dalla Topf und Sons, società tedesca di costruzioni, e così dà ordine di uccidere sempre più persone. Ciononostante, dorme bene.

Sua suocera raggiunge la figlia per stare un po’ di tempo con lei e i nipoti, ma viene sconvolta dalla vista, addirittura dalla camera delle bambine, delle fiamme rosa nel cielo notturno e se ne parte in velocità. Quando Höss rivela alla moglie che la famiglia dovrà trasferirsi altrove per la sua recente promozione a vice ispettore dei campi di concentramento, Hedwig si impone per vivere comunque nella casa in cui sta, con i figli, perché per lei è il suo “paradiso”. Il film termina con un’ultima scena di Höss nel 1943, ma, poco prima di concludersi, si apre in una breve parentesi sul 2023, mostrando degli inservienti che puliscono ciò che, un tempo, era il luogo di camere a gas e forni crematori. Oggi, quel posto è il Museo statale di Auschwitz-Birkenau, dove molto d’effetto sono le enormi vetrine, ai lati dei lunghi corridoi di passaggio per i turisti, dietro le quali sono stipate migliaia di scarpe e di altri oggetti personali appartenuti alle vittime di un indicibile massacro dell’umanità ad opera dell’uomo.

F1) Un primo piano di Sandra Hüller

Nella figura F1, la protagonista femminile del film “La zona d’interesse” premiato con l’Oscar.
Fonte: https://upload.wikimedia.org/wikipedia/commons/4/4b/MKr23529_Sandra_H%C3%BCller_%28Sisi_%26_Ich%2C_Berlinale_2023%29.jpg

Analisi & recensione
Il film è uno spaccato freddo e raffinato di come si poteva vivere “bene” al fianco dell’inferno, oltre tutto provocato proprio da chi stava dalla parte giusta del muro, al di là del quale la carneficina. Non c’è scena sanguinolenta o grido di aiuto a sottolineare il messaggio, a impressionare lo spettatore, a evidenziare il dramma, già enorme di per sé e ancora oggi ferita aperta nella storia dell’umanità. “La zona d’interesse” sconvolge proprio con il non detto, con la prospettiva, assai diversa dal solito, dato che di olocausto si è già visto parecchio nel cinema italiano e internazionale, di chi quel dolore lo causava, eseguendo gli ordini di Hitler con orgoglio, e di chi lo accettava e lo viveva come fosse stato normale, insegnando ai figli lo stesso. È angosciante essere il pubblico di gente con soldi e nessuna pietà che tratta male i propri domestici, perché ebrei polacchi al servizio, quasi fossero graziati e, quindi, in debito perenne per non essere stati trucidati, e che ordina l’ennesimo massacro di innocenti – tutti i giorni i deportati nel campo accanto vengono brutalmente uccisi in massa – con sistemi aggiornati, con i crematori più moderni (per l’epoca), con il gas più silenzioso. Straziante è la sensazione da spettatore e fortemente condivisibile è la premiazione del film ad opera della più importante giuria cinematografica al mondo. Una pellicola coraggiosa e necessaria. Fra gli attori, riconosciamo la bravissima Sandra Hüller, che vive il suo momento d’oro grazie ad “Anatomia di una caduta”, e Christian Friedel, eccellente nel ruolo difficile del protagonista maschile. Quanto alla regia, è forse la vera vincitrice del premio al miglior film straniero: silenziosa e spietata come la trama narrata, ahimè ispirata a vita vera e a fatti di cronaca testimonianti un’ingiustizia tuttora indelebile. Voto: 8,5.

F2) Cimitero Monumentale Staglieno

Nella Figura f2 lapide in memoria dei patrioti caduti a Genova nella Seconda Guerra Mondiale.
Fonte: https://upload.wikimedia.org/wikipedia/commons/4/4d/Cimitero_di_monumentale_Staglieno-Patrioti.jpg

Conclusione
Un film denuncia, un film che ricorda e fa ricordare, con una prospettiva differente da ciò cui siamo abituati da anni. Da mostrare, con spiegazione, nelle scuole, anche perché siamo ancora (per fortuna non in mezzo, ma) circondati da terribili guerre in atto, caratterizzate (come sempre) da morti e ferimenti ai danni di innocenti, dei civili. È importante riflettere e non smettere di farlo. Da vedere.

 

Alessandra Basile

Attrice e Autrice. Ha collaborato con la Comunicazione Corporate di un’azienda. Ha una formazione in Life coaching (per un periodo ICF) e una laurea in Giurisprudenza. Presiede la Associazione Effort Abvp con la quale ha interpretato e prodotto diversi spettacoli teatrali a tematica sociale, fra i quali una pièce contro la violenza domestica, ‘Dolores’, della cui versione italiana è co-autrice Siae. Ha scritto ‘Films on The Road’, un libro sul cinema girato in Italia, edito Geo4Map. Scrive di film e spettacoli teatrali con l’occhio dell’Attrice, il suo primo mestiere, e intervista persone e personaggi, soprattutto del mondo dello spettacolo.

Email: Alessandra.Basile@outlook.com Sito web: www.alessandrabasileattrice.com