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I mercati scommettono sull’accordo USA-Cina

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Suggestione subliminale.

Go out and buy stock now.
Nella giornata dell’8 maggio, le borse americane hanno trovato un nuovo slancio, sulla scia dell’ottimismo suscitato dalle dichiarazioni di Trump e dai dati macro tutto sommato positivi.

Trump ha concluso l’accordo dei dazi con il Regno Unito, che era comunque il più semplice da fare.

Presumibilmente, potrebbe stringere altri accordi nelle prossime settimane, anche se alcuni saranno piuttosto ostici.

Ora, Bessent, Segretario al Tesoro, è in volo per la Svizzera, dove incontrerà il suo omologo cinese, nella giornata del 9 maggio.

Trump ha manifestato molto ottimismo e ha invitato tutti ad “andare a comprare azioni”.

Gli investitori hanno raccolto l’invito facendo salire gli indici ad un nuovo massimo a 7 settimane.

Trump ha anche detto che con dazi al 145%, è più probabile che questi scendano, se la Cina dimostrerà di voler raggiungere un accordo.

“Qualche errore è stato fatto”.
La Cina ha dimostrato di non avere fretta di stringere accordi con gli USA.

In effetti l’invito al meeting in Svizzera è stato lanciato dagli Stati Uniti.

Trump sta mostrando di recedere da alcune posizioni che hanno fatto crollare le borse e inguaiato il mercato dei bond americani.

Sta cioè cominciando a capire, in sostanza, di avere sbagliato quasi tutto.

Ha addirittura ammesso, nei giorni scorsi, che “alcuni errori sono stati fatti”.

In un contesto di yes-men come quello dell’entourage di Trump, credo di poter dire che dobbiamo questo straordinario, probabilmente temporaneo, risultato a Bessent.

 

Quale è la reale situazione Cina-USA?
Trump ha alcuni punti di forza da giocare con la Cina.

Certamente la Cina non può reggere a tempo indeterminato con la sua posizione dura, mostrata inizialmente, come reazione ai dazi americani.

Dobbiamo tenere conto di alcuni fattori-chiave che costituiscono i punti deboli della Cina.

La Cina è reduce da una bolla immobiliare gigantesca.

Una delle conseguenze delle bolle immobiliari è che gli immobili dati in garanzia alle banche per ottenere prestiti da parte delle aziende non sono più sufficienti a garantirli.

Le aziende cinesi vivono comunque una fase di forte espansione e non possono permettersi di fare a meno di un massiccio credito bancario.

Un collaterale a garanzia, alternativo o integrativo delle garanzie immobiliari, è il deposito in “valuta pregiata”, per ottenere credito.

La “valuta pregiata” può essere costituita parzialmente dalle monete dei BRICS. Ma, ancora, la “valuta pregiata” per definizione è il dollaro.

Così le aziende cinesi hanno bisogno di vendere negli Stati Uniti, perché le esportazioni verso i paesi BRICS non sono sufficienti.

Ovviamente, la Cina detiene una grande quantità di bond americani e, da questo punto di vista, ha in mano una contropartita non da poco che può spendere al tavolo delle trattative.

Se lo farà, c’è una parte di bluff in tutto questo: la Cina ha circa un trilione di dollari di debiti che deve pagare in dollari e importa dagli Stati Uniti, in dollari, ancora una grande quantità di beni.

Ha inoltre un sistema bancario carico di sofferenze, determinate dalla citata crisi immobiliare. Le sofferenze bancarie sono stimate in tre trilioni di dollari.

Il sogno della Cina di poter fare a meno del dollaro non è esattamente dietro l’angolo, anche se a forza di insistere Trump può indurre la corda a spezzarsi.

Da parte sua, gli USA non possono fare a meno della Cina.

Trump, alcuni giorni or sono, ha tenuto una riunione con gli amministratori delegati delle grandi catene di distribuzione, Walmart in testa.

L’obiettivo di Trump era evitare gli “scaffali vuoti”, immagine disastrosa per un paese come gli Stati Uniti dove il 70% del PIL è basato sul consumo.

Gli scaffali vuoti sono stati evitati, al momento, grazie al tempismo degli amministratori delle aziende, che hanno accumulato preventivamente le scorte. Ma poi le scorte finiscono.

Nei porti degli Stati Uniti sta arrivando una quantità di merce pari a quella dei tempi del COVID.

Che Trump abbia proposto lui il meeting con la Cina e non viceversa è perché ha più urgenza lui della Cina di sistemare le cose. Ma anche la Cina non può tardare più di tanto.

Effetto collaterale: il turismo USA.
Il turismo negli Stati Uniti è crollato del 12%.

La gente ha paura di andare negli Stati Uniti, perché un paese che si chiude in se stesso, considerando l’immigrazione una malattia, finisce con l’essere schivato da tutti (solo la paura dei controlli alle frontiere con il clima attuale che c’è negli USA dissuade il turista medio a considerare gli USA una meta).

Del resto, se gli europei sono dei “parassiti”, gli asiatici vanno martirizzati di dazi, i sudamericani vanno cacciati a pedate, gli africani sono neri … insomma, l’immagine degli USA come meta turistica, grazie a Trump, è come minimo un po’ decaduta.

I mercati.
L’S&P500 future è andato a toccare il primo livello di resistenza sopra i massimi recenti nella zona 5740.

La resistenza successiva ora è a 5785.

La stagionalità non è favorevole ad allunghi particolarmente importanti.

Nondimeno nella giornata dell’8 maggio, una nuova euforia sembrava essersi diffusa sui mercati.

L’ondata di acquisti ha deformato la curva di volatilità dei future del Vix, facendo uscire dalla backwardation le scadenze maggio-giugno e giugno-luglio.

Il Volatility Flow Index, il nostro indicatore di rischio, è uscito per la prima volta da molte settimane dall’area di rischio, collocandosi sopra il valore 0.20.

Tutto questo è avvenuto anche troppo rapidamente.

Nei prossimi articoli, nel fine settimana, vedremo l’impatto sulle proiezioni di breve e medio termine.

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P.S.: Nel frattempo, anche il Papa è a stelle e strisce.

Potenza della percezione subliminale di avere visto Trump vestito da Papa.

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