Vento contrarian? Sintomi di debole intensità

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Pendenza di salita sotto esame.

L’S&P500 ha chiuso il suo quinto mese consecutivo in positivo.

Una sequenza simile è avvenuta 30 volte dal 1950. In 28 casi su 30, un anno dopo, l’S&P500 aveva ulteriormente incrementato la sua performance, con una media del +12%.

Sembra che quanto si applica alla volatilità (la volatilità crea volatilità simile a se stessa, alta o bassa che sia), possa essere attribuito anche alla forza del mercato: statisticamente, la forza rialzista crea una forza ulteriore simile a se stessa.

Le borse di quasi tutto il mondo si sono allineate su tendenze rialziste: giovedì 28 marzo si sono registrati nuovi massimi storici sull’ASX australiano, sull’AEX dei Paesi Bassi e sull’immancabile DAX tedesco.

Lo SMI svizzero, il Nikkei giapponese, il Nifty indiano e gli indici statunitensi, soprattutto Dow Jones e S&P500, si sono avvicinati ai massimi storici, dopo qualche calo mostrato a inizio settimana.

Consimile il comportamento del FTSE londinese con una settimana molto forte e in fase di test del suo massimo storico del febbraio 2023.

Massimi storici stellari anche per l’oro, salito giovedì scorso ad un nuovo massimo storico.

Il Bitcoin, da buon rollercoaster, dopo il record a 73.803 registrato il 14 marzo e la discesa (-17%) fino al minimo relativo di 60.760 il 20 marzo, ha dato inizio ad un altro rally per ora fermatosi al massimo secondario di 71.754 il 27 marzo.

Il petrolio ha seguito la stessa scia rialzista, fino a 83.21 il 28 marzo, livello più alto dal 3 novembre scorso.

Ieri abbiamo parlato del PCE e di come il dato pubblicato nasconda, in analisi, qualche maggiore preoccupazione sul calo dell’inflazione e sulla conseguente tempistica di ribasso dei tassi.

In parallelo al dato sui consumi individuali, l’indice di fiducia dei consumatori è sceso, attestandosi a 104.7, contro le attese di 107.

Nel contempo l’indice sulle aspettative economiche a breve termine è crollato a 73.8, degno di una potenziale pressione recessiva.

I consumatori, e non solo quelli statunitensi, vivono con ansia il rimbalzo dei costi energetici, che fanno apparire improbabile una ulteriore discesa dell’inflazione.

I salari, negli Stati Uniti, hanno mantenuto il passo con l’inflazione, non altrettanto è accaduto nei paesi europei, quanto meno non in modo uniforme. Ma la preoccupazione dei consumatori sui salari è tangibile.

Le parole di Dana Peterson, capo economista del Conference Board, preposto alla pubblicazione dei dati, sono state molto chiare: “La valutazione dei consumatori sulla situazione attuale è migliorata a marzo (anche se meno delle attese), ma sono diventati più pessimisti riguardo al futuro”.

I consumatori sotto i 55 anni e quelli con reddito negli USA compreso fra 50.000 e 99.999 dollari hanno riportato un sostanziale calo di fiducia. E’ come al solito la classe media ad avvertire più acutamente la stretta dell’inflazione, vedendo diminuire il potere di spesa reale.

Il sentiment dei consumatori non viene considerato da molti analisti come significativo, ma la paura di profezie che si autoavverano è sempre presente.

La traballante fiducia dei consumatori riflette la sensazione di preannunciare un punto di svolta.

La forza del mercato del lavoro offre un barlume di speranza, ma l’incertezza sull’inflazione e sul potenziale impatto delle misure sui tassi di interesse crea un’atmosfera di apprensione.

La finanza appare, per ora, essere molto lontana da tali percezioni e, probabilmente, lo sarà ancora per parecchie settimane.

Una prima prova di tenuta dell’ottimismo la vedremo, probabilmente, dopo maggio, osservando se i tagli dei tassi arriveranno oppure no.

Per ora, gli utili delle imprese quotate non sembrano avere avvertito le conseguenze della maggiore restrizione del credito e del suo maggiore costo: ma stiamo parlando delle imprese tendenzialmente più liquide e quindi meno esposte.

La tenuta delle piccole e medie imprese è importante per la stabilità sul mercato del lavoro: se venisse meno quest’ultima, qualche segnale recessivo potrebbe incrementarsi di intensità, un po’ di paura in più potrebbe pervadere le borse, inducendole a controllare e moderare maggiormente gli eccessi rialzisti degli ultimi cinque mesi.

 

 

 

 

 

 

Maurizio Monti

Editore Traders’ Magazine Italia

P.S.: La stagionalità e molti altri fattori statistici depongono a favore di tre settimane positive nei primi 19 giorni di aprile.

Nondimeno, osservando il trend di salita, sarà interessante rilevare se sarà costellato, come pensiamo probabile, da pause riflessive lunghe e da strappi di rottura delle resistenze, più che da un trend costante.

In tale ipotesi, sarà il sintomo di qualche dubbio pervenuto all’immaginifico universo delle borse dal mondo reale.

La pendenza di salita ce ne fornirà un’idea. 

 

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