Il VVIX (quello con la doppia VV) ci dice qualcosa

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Guadagna sbagliando la direzione

Il grande giorno del dato più importante del mese, vale a dire giovedì scorso 12 gennaio con la pubblicazione della inflazione americana, si è concluso con una celebrazione generale.
 
Il dato è pienamente conforme alle attese e l’inflazione americana continua a scendere.
 
L’S&P500 ha rivisto quota 4000. Il Nasdaq non ha sfondato i minimi ed è rimbalzato. Il Dow Jones ha superato di nuovo i massimi di agosto, guidando la ripresa degli indici americani.
 
Gli europei, Dax ed Eurostoxx in testa, continuano alla grande la loro performance rialzista.
 
L’oro ha superato quota 1900, con una performance straordinaria dopo i minimi registrati 300 punti più in basso, nei mesi di settembre, ottobre e novembre.
 
Perfino il Bitcoin, di cui alcuni avrebbero voluto dichiarare la morte presunta, è tornato sopra quota 20.000.
 
L’indice Fear & Greed di CNN misura un ottimistico valore “greed” a quota 63.
 
L’indice Vix è arretrato fino alla zona di quota 18. Se scende ancora un po’, comincia a rientrare nei valori di “normalità” delle aspettative di mercato. Un po’ come dire la paura non fa più novanta.
 
E’ interessante il VVIX, che misura la volatilità del Vix.
 
Il VVIX utilizza la medesima formula di calcolo del Vix, prendendo le opzioni di quest’ultimo nelle zone at the money e out the money di due scadenze successive.
 
Quando la prima delle due scadenze si avvicina fino a otto giorni, finisce di considerarla e va a prendere la scadenza ulteriore seguente, in modo da evitare di inquinare l’indice con i salti di prezzo che avvengono in prossimità della scadenza delle opzioni.
 
E’ quindi un misuratore della volatilità implicita delle opzioni del Vix: vuole quindi misurarne l’aspettativa di volatilità.
 
Nella settimana del 3 gennaio, il VVIX ha toccato un minimo importante, con il valore di 72.27, il giorno 6 gennaio. Andando indietro nel tempo, per trovare un valore altrettanto basso consimile dobbiamo risalire al marzo del 2017 o al maggio del 2015.
 
Nella settimana scorsa, il VVIX è risalito un poco, la tensione sulla notizia dell’inflazione ne era la probabile responsabile.
 
Nel 2022 il VVIX ha toccato il massimo a 172.82, il giorno 24 gennaio, che tutti ricorderanno come il giorno del primo affondo di prezzo e paura dopo l’inizio del ciclo ribassista del 5 gennaio.
 
Da quel massimo, in parallelo con il VIX, il VVIX ha fatto solo massimi decrescenti, il sintomo della cosiddetta assuefazione al ribasso, dove la prima onda di ribasso è quella che crea il maggiore effetto di panico.
 
A luglio, con il mercato che rimbalzava dopo i minimi di giugno, ha cominciato a sondare i minimi sotto 80, consolidando ulteriormente tale area di minimo con successivi affondi a novembre e ancora di più dal 22 dicembre in poi, quando è rimasto quasi costantemente sotto tale livello.
 
Negli ultimi 5 giorni di borsa, il VIX scendeva dalla zona 22 alla zona 18, coerentemente con la correlazione inversa rispetto all’S&P500 che saliva dalla quota 3900 a 4000. Invece il VVIX, giorno dopo giorno, è risalito da 76 a 80.
 
Questo non significa necessariamente un immediato ribasso delle borse: finché non si estende l’effetto al Vix, le borse possono anche continuare a salire.
 
Nondimeno, nel periodo 18 gennaio-23 gennaio è probabile che l’S&P500 tocchi un massimo da cui può esserci una inversione possibile: un ritracciamento o una inversione di trend è, per ora, difficile dirlo. Se non fosse così, potrebbe essere una accelerazione formidabile fino alla fine del mese.
 
In questi giorni, la quota 4000 ha creato improvvisi scatti di euforia.
 
Si leggono previsioni di rialzo prossimo in direzione del recupero dei massimi storici (quanto meno quota 4700 sull’S&P500). Noi non concordiamo con tali previsioni, non ora certamente, anche se non disdegniamo  di pensare che un recupero forte nel corso del 2023 possa esserci, per rimandare qualche disastro più cospicuo ad un periodo successivo.
 
Nel contempo, la maggior parte dei grandi operatori internazionali ha rivisto le previsioni sulla recessione, cancellando ciò che avevano previsto circa 60 giorni prima. Ora, il rischio di recessione sembra scomparso.
 
Continua l’epoca delle previsioni contraddittorie e fallaci. Ma questo, nella nostra opinione, come sosteniamo da tempo, è normale in questa epoca.
 
Quando sosteniamo che non si fa trading o non si investe sulle previsioni, ma con un metodo, intendiamo che una previsione errata non deve condizionare in modo irrimediabile il risultato del nostro trading.
 
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Maurizio Monti

  Editore TRADERS’ Magazine Italia