Mai avuto dubbi?
Il generale americano aveva un cipiglio austero e composto. Di fronte a lui, un Vietcong, mezzo nudo, stravolto, spettinato, sporco.
Il generale ebbe un senso di profonda pena per l’individuo che aveva davanti, catturato durante un normale controllo intorno alla sua postazione di comando militare.
Lo fece accomodare, davanti a lui, chiese se era in grado di parlare l’inglese, e, con grande meraviglia, si accorse che lo parlava molto bene. Gli domandò se desiderava dell’acqua e ordinò ai suoi assistenti di portarla.
Doveva interrogarlo, questo era il suo dovere. Ma, realmente, se avesse potuto, lo avrebbe evitato volentieri. Ma il comando della postazione era suo. E a lui competeva quell’ingrato compito.
Cominciò a parlare. Il Vietcong non era reticente. Dimostrava anche un buon livello di cultura, cosa del tutto inaspettata per il generale americano.
Arrivò a domandargli per quale ragione i Vietcong non si arrendevano di fronte ad un nemico così nettamente superiore per le forze in campo. Il Vietcong rispose che non si sarebbero arresi mai.
Il generale cercò di farlo ragionare. E gli chiese: “Si rende conto che non avete vinto nessuna battaglia contro di noi?”
Il Vietcong era calmo. Sospirò, guardò a terra per un attimo, poi alzò lo sguardo, e i suoi occhi incontrarono quelli del generale. Rispose, con un tono di grande rispetto: “E Lei si rende conto che questo non ha nessuna importanza?”.
In centinaia di anni, la storia ha insegnato che un Paese si può invadere. Ma c’è una differenza fra l’invasore e la vittima. Questa rimarrà per sempre nel Paese. Conosce il suo Paese. Potrà nascondersi, resistere, diventare un obiettivo in costante movimento. La sua strategia sarà di essere paziente. L’invasore dovrà andarsene, prima o poi. E lui rimarrà lì, riprenderà il suo Paese e sarà l’ultimo vincitore della battaglia definitiva. Quelle precedenti, combattute sul campo, non hanno alcuna importanza.
È una lezione formidabile quella che ci proviene dalla storia: la guerra del Vietnam è un grande insegnamento per tutti, come tante altre che potremmo citare.
Il grande Luttwak ha dedicato molte pagine delle sue opere al rischio dell’eccessivo espansionismo militare. Si arriva ad un break even, dove la catena di comando troppo lunga, la necessità degli approvvigionamenti, la difficoltà logistica supera il beneficio.
Così, a fronte di successi iniziali apparenti da parte dell’invasore, la conclusione è più facilmente a favore della vittima dell’invasione. E l’invasore perde: è una carenza strutturale di strategia che lo porta a perdere. La vittoria della tattica non può supplire ad una strategia debole.
Quale la lezione che dobbiamo trarre per noi, per il miglior approccio ai mercati?
La tattica sui mercati è l’applicazione dei metodi prescelti, che costituiscono i capitoli del vangelo comportamentale del trader e dell’investitore.
La strategia è la scelta dei metodi e la composizione degli stessi: cioè la strategia di portafoglio e la verifica che quel portafoglio sia adeguato al proprio profilo.
Non puoi invadere il nemico se non hai sufficiente capacità di gestire la catena degli approvvigionamenti. Non puoi sostenere sistemi di investimento che non sono compatibili con il tuo tempo, la tua costanza, la tua determinazione, la tua propensione al rischio, la tua capacità di sopportare i drawdown.
Molti ricercano la tattica giusta, il pattern giusto, il sistema che funziona. Devi chiederti se sarai capace di applicare quel metodo fino in fondo: e questa è una grande trappola che il tuo ego prepara giusto per te.
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Editore TRADERS’ Magazine ItaliaMaurizio Monti