Il metodo sano di battere i mercati.
E’ una torre di 47 piani.
Con l’antenna, da terra, misura 202,5 metri.
E’ il punto centrale della downtown, nel centro di Detroit. Città del Michigan, famosa per essere stato il grande centro produttivo dell’automobile negli Stati Uniti, con la sede di quello che era il principale sito di General Motors, di Chrysler, di Ford.
L’edificio di cui sto parlando è noto come Penobscot Building: famoso negli Stati Uniti, molto meno all’estero.
Penobscot è il nome di una tribù di nativi americani, che erano presenti nella regione che oggi è lo stato del Maine. Molti motivi, esterni ed interni al palazzo, richiamano immagini e fantasie ornamentali della tribù.
L’edificio fu costruito nel 1928: all’indirizzo di 645 Griswold Street.
All’epoca della costruzione, era l’ottavo edificio più alto del mondo, il quarto più alto degli Stati Uniti, il più alto al di fuori delle aree di New York e Chicago.
Rimase a lungo l’edificio più alto del Michigan, quando venne superato nel 1977 dal Renaissance Hotel Center e nel 1993 dall’Aly Detroit Center. Quando ancora Detroit attraeva capitali di grandi investitori.
Si deve la progettazione in elaborato stile Art Déco, all’architetto Wirt C. Rowland, dell’importante studio Smith Hinchman & Grylls con sede a Detroit. Il rivestimento è in pietra calcarea dell’Indiana con una base di granito.
Corrado Parducci, scultore italiano, realizzò le opere scultoree che adornano l’atrio e l’esterno dell’edificio.
I primi televisori del Michigan furono venduti nello spazio commerciale al piano terra di Penobscote Building.
Per quasi due decenni, fu sede della City National Bank, la principale banca cittadina. Nell’opulenza dell’epoca, pretese di dare il nome al Penobscote Building, che per molti anni si chiamò City National Bank Center ed esponeva alla sommità il marchio CNB.
Prepotentemente, l’edificio riprese il proprio nome originale quando la City National Bank fu acquisita, indovina da chi, dalla First National Bank di Chicago, la quale poi, è storia recente che sicuramente ricordi, fu incorporata nella immarcescibile Jp Morgan Bank.
Penobscote Building è il logo di Detroit: nei giorni festivi, a Natale e nel giorno della festa nazionale dell’Indipendenza la torre è illuminata a giorno con un fantastico gioco di luci rosse, bianche e blu, i tre colori della bandiera americana.
Malgrado due edifici gli abbiano rubato il primato dell’altezza, esso rimane il punto di rifermento per uffici di classe A a Detroit: la grand dame per sedi prestigiose.
Nella media del costo degli edifici negli Stati Uniti, oggi il Penobscote Building dovrebbe avere un valore compreso fra i 150 e i 200 milioni di dollari.
Ma un oggetto come un edificio vale quanto un acquirente è disposto a pagarlo. E nessuno, oggi, vuole investire nella zona di Detroit.
Nel 2012, le quotazioni degli edifici commerciali a Detroit erano collassate ad un valore inferiore dell’86% alla media nazionale degli Stati Uniti.
Detroit, negli ultimi 15 anni, ha perso l’80% della popolazione di lavoratori e classe media, diventando una delle zone più povere e violente della nazione.
Nel 2005, il Penobscote Building era stato acquistato per l’importo di 14 milioni di dollari. Una cifra che sembrava un affare colossale. Ma la società acquirente andò in bancarotta.
Nel 2013, l’edificio fu rilevato da una società di investimenti immobiliari di Toronto, all’incredibile importo di 5 milioni di dollari. Meno di un non troppo grande appartamento di lusso nel centro di Manhattan.
Dal 1952 al 2012, fu la sede del Caucus Club: ristorante che ospitava abitualmente i grandi manager delle aziende di Detroit.
Una Barbra Streisand nel 1961 ancora all’inizio della carriera si esibiva lì, come cantante lounge del Caucus Club.
Il 4 ottobre 2012, il ristorante annunciò che avrebbe cessato l’attività, alla fine del mese.
Ha riaperto, con un tono completamente diverso e molto più dimesso, nel 2017, dopo una ristrutturazione.
In realtà la storia di Detroit, con il suo edificio simbolo, l’incredibile parabolica ascesa e poi rapida decadenza ci insegna qualcosa nella nostra carriera di trader ed investitori.
Ci insegna il valore dello stop loss. La buona opportunità di tagliare una perdita se lasciarla correre rischia di dissanguarci.
Detroit è una zona dove l’industria automobilistica, per una serie di concause, in apparenza volte a evitare macellerie sociali, ha generato in realtà la più selvaggia devastazione di ricchezza e benessere della storia contemporanea.
La General Motors non poteva essere lasciata fallire. Era politicamente impresentabile, sindacalmente inaccettabile, anche se economicamente necessario.
Il fallimento di General Motors sarebbe stato lo stop loss necessario.
Quanto era indispensabile fare per ripartire sul serio, per rigenerarsi, per togliere il sostrato sinistro di poltiglia politico-sindacale, per rivendicare il sacrosanto diritto al fallimento dell’impresa, per ricostruire e generare, da zero, nuova ricchezza.
Gli Stati Uniti, il Paese più capitalista del mondo, preferì impantanare i suoi meccanismi naturali e rigenerativi, abolendo lo stop loss.
Lo stop loss, e non solo su Detroit, fu sostituito dalle connivenze politiche e politico-sindacali, che servivano per ottenere fondi a spese di uno stato sempre più indebitato.
Finché il dollaro dura, va tutto bene. Speriamo continui a durare. Perché i freni dello stop loss sembra che non si sia più disposti ad azionarli: e tu sai, in finanza, che cosa significa non avere lo stop loss.
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P.S.: Il metodo sano è proprio quello: stop loss piccoli, profitti grandi. Risultato, buon profit factor, buon average trade, tutte parole tecniche per definire un sistema di trading ad alto comfort.
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Editore Istituto Svizzero della BorsaMaurizio Monti