I mercati, il poker e la guerra nucleare di Putin

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Bluff che vincono o che perdono

Erano i primi di febbraio, quando pubblicai un articolo dove parlavo di una cara amica trader americana, che è anche giocatrice di poker a livello internazionale.

Personaggio geniale, di cui non ho il permesso di rivelare il nome, mi spiegò la visione che lei aveva di Putin, associandone l’immagine, appunto, ad un giocatore di poker, che stava puntando ad un pericoloso rialzo della posta.

Il 24 febbraio, giorno della invasione dell’Ucraina, capimmo che la posta si era alzata di molto o che forse era stata da sempre molto più alta di come quasi tutto il mondo l’avesse percepita fino ad allora.

La Russia di oggi ha una realtà sociale interna molto diversa dalla Russia sovietica.

Per alcuni anni ci aveva dato l’illusione di un avvicinamento progressivo al nostro modo di essere, cercando di coniugare la propria cultura eurasiatica con quella occidentale.

Le immagini di Putin con Bush di una certa epoca sembravano quelle di grandi amici dai tempi del college.

Per ragioni che gli storici indagheranno a tempo debito e che noi, oggi, facciamo piuttosto fatica a capire, il Putin di allora ha subito nel corso degli anni una trasformazione profonda.

Una ipotesi molto fantasiosa, ma suggestiva, è che il Putin di oggi è una persona diversa rispetto al Putin di allora: ovvero, quello di oggi è un sosia, che è andato a sostituire il Putin di allora, opportunamente fatto sparire perché divenuto troppo filo-occidentale.

Le prove concrete di tale fantasia sono molto aleatorie: ma l’esistenza stessa di tale ipotesi manifesta la percezione di una figura che ha cambiato di molto i suoi connotati e il suo modo di pensare nel corso degli anni.

Una cosa è certa: la politica estera della Russia di oggi assomiglia molto di più a quello della Russia sovietica, che non a quella che per un po’ di tempo ci eravamo illusi che potesse essere o quanto meno diventare nel tempo.

E torniamo quindi al giocatore di poker.

La Russia sovietica è sempre stata un abile giocatore di poker, mostrando muscoli e potenza: non dimentichiamo che quella Russia comunista è implosa su se stessa, su un sistema economico impossibile da far esistere e da governare. Alla fine era un immenso bluff.

Ovviamente, è un giocatore di poker che ha qualche carta efficace: l’arma nucleare.

Non molti giornali italiani hanno dato la notizia che la TV russa, proprio questa settimana, ha illustrato una simulazione di un lancio di missili nucleari Sarmat su Londra o Berlino, dalla base di Kaliningrad, precisando che le medesime due città scomparirebbero, rispettivamente in 202 e 106 secondi. Non c’è stata alcuna precisazione in quanti secondi successivi sarebbe scomparsa Mosca e la base di Kaliningrad e, a seguire, buona parte del mondo.

Questo è il modo di giocare a poker. Mostrare i muscoli, in modo freddo, facendo pensare di avere una scala reale in mano, e tentando di sottintendere che l’avversario, col suo poker d’assi, perderebbe comunque.

L’abilità dell’occidente, ora, deve essere quello di saper competere con un giocatore di poker.

Con la serena lucida e determinata consapevolezza che di là c’è un giocatore di poker, che tale rimarrà finché non sarà costretto dalla sua stessa follia a non farsi scoprire come tale.

Il 9 maggio prossimo, in occasione della grandiosa parata militare, probabilmente, il giocatore di poker dovrà scoprire un paio di carte col suo popolo, dichiarando che l’operazione di polizia è diventata una guerra, come in realtà è sempre stata. Il prolungarsi del conflitto lo mette in condizione di non poterne fare a meno.

Ovviamente, il giocatore di poker dichiara che non è lui a dichiarare la guerra, ma c’è un elenco pronto di colpevoli aggressori. Non essendo più sufficienti i nazisti ucraini, ecco i nuovi rei, la Nato, gli Stati Uniti, l’Unione Europea e i “paesi ostili”.

Avrebbe volentieri fatto a meno di dover scoprire un paio di carte che aveva in mano, voleva giocarle in modo diverso: non tutto va sempre per il verso giusto. Ma la “guerra per procura” da parte della Nato sarà un’ottima argomentazione per sostenere l’ennesimo bluff di pura marca sovietica verso il suo popolo.

Nei confronti del mondo esterno, il fatto stesso di rammentare la guerra nucleare e l’arsenale di cui dispone, serve ad alimentare la tensione verso l’avversario: avversario giudicato debole ed incapace di reazione adeguata, perché ormai mollificato nel benessere e nelle comodità del capitalismo dove si è adagiato da decenni ed a cui non è considerato capace di rinunciare.

Quest’ultimo aspetto è del resto ampiamente dimostrato: di fatto in Ucraina, l’avversario cerca di aiutare gli ucraini, ma non interviene direttamente. E questo, nella mente del giocatore di poker, sostiene ancora di più la bassa considerazione che ha dell’avversario: inetto, rammollito e sprofondato nella sua comodità, che gli impedisce di sentirsi “soldato” e prendere le armi in prima persona.

Così, come con l’invasione dell’Afghanistan o con i carrarmati mandati in Ungheria nel 1956 o quelli arrivati alla Piazza di San Venceslao a Praga nel 1969… l’occidente condanna, magari reagisce, finanzia la resistenza… ma non interviene, quella massa di rammolliti, nella mente del giocatore di poker, permette a lui di realizzare i suoi piani. Lui muove l’Armata Rossa, gli altri no.

Certo, Praga nel 1969 e Budapest nel 1956 erano già nell’area sovietica (non l’Afghanistan del 1980 però), e, formalmente, non l’Ucraina. Ma quello che conta è che l’Ucraina era ancora, di fatto, terra di possibile conquista.

Alla fine, ci sarà guerra nucleare?

Il mondo sta rischiando ovviamente, solo parlarne indica un livello di rischio elevato. E mantenere i nervi saldi, da questa parte, non sarà facile.

E’ improbabile che Putin prema il pulsante nucleare. Il grande bluff sovietico, prima o poi, rivelerà di essere quello che è: un grande immenso bluff, molto pericoloso, ma un bluff.

Sono le idee a vincere le guerre. Non le armi, non i soldati, non gli armamenti. E le idee fondate sui bluff … svaniscono come neve al sole. Come nel 1989: un gigantesco bluff che imploderà su se stesso. Certo, ci sembra impossibile, anche nel 1989 sembrava tale.

Quanti danni avremo da tutto questo? Non grandi, ma immensi, li stiamo già pagando e li pagheremo ancora.

Se pensi che sia colpa di Putin, degli Stati Uniti, della Nato o di chi vuoi tu, non importa. Il conto da saldare sarà salato, sotto tutti i punti di vista e conterà poco di chi è la colpa, anche perché, in sostanza, non potremo farci nulla.

Dove andranno i mercati? A cercare un supporto da cui ripartire. Nel frattempo, faranno quello che abbiamo visto nelle ultime settimane, il tipico comportamento dei mercati ribassisti: rapidi rimbalzi, anche significativi, e affondi progressivi …

Il difficile è capire dove finisce, in genere finisce con un affondo molto forte, più forte e alle volte, speriamo di no, catastrofico, le televisioni ne parlano (buon segno: nei telegiornali di ieri c’erano i tonfi di Amazon e Apple) e si ritorna con molta prudenza a ricomprare.

Sembra che la paura, stavolta, debba andare sotto terra per far tornare l’avidità a rivedere le stelle. Vedremo fino a che punto.

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P.S.: Quello della pietra e della fionda. E’ “l’uomo del mio tempo” dell’indimenticabile Salvatore Quasimodo. Temo sia l’uomo di “ogni tempo”.

Malgrado tutto, le sorti dell’uomo restano magnifiche e progressive: lentamente, impareremo.

In questo, i mercati hanno tanto da insegnarci: separiamo la parte cinica, indegna della natura umana, ma impariamo il realismo, guardiamo i grafici, studiamo le tecniche, utilizziamo le strategie che vincono. In una parola, vinciamo noi quella continua sfida a poker, dove i bluff vengono subito a galla e le carte dobbiamo averle buone sul serio… o è meglio non giocare.

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Maurizio Monti

  Editore Istituto Svizzero della Borsa