Calcoli sbagliati.
Così bello da non essere possibile.
La storia della finanza europea è ricca di storie di fallimenti, iperinflazioni e speculazioni sfrenate.
Ma tra gli episodi meno noti e più insoliti c’è il tentativo, nel XVIII secolo, del governo dei Paesi Bassi austriaci di finanziarsi con una lotteria di stato… che finì per sabotare per paura di non poter tenere fede alle promesse fatte.
Questo evento reale, documentato negli archivi storici dell’Impero asburgico, è una strana combinazione di innovazione finanziaria, errori di calcolo e una curiosa torsione del moralismo statale.
E sebbene possa sembrare un dettaglio di poco conto nei libri di storia di oggi, racchiude profondi insegnamenti sulla fiducia nelle istituzioni, sulla manipolazione del rischio e sulla responsabilità dell’emittente finanziario.
Un impero indebitato cerca soluzioni creative.
Siamo nel 1760, nel cuore dell’Impero asburgico, che all’epoca controllava una vasta rete di territori che includeva i Paesi Bassi austriaci, quello che oggi conosciamo come Belgio e Lussemburgo.
L’imperatrice Maria Teresa aveva lasciato alle spalle un impero pieno di tensioni e guerre costanti.
Suo figlio e successore, l’imperatore Giuseppe II, aveva buone intenzioni riformiste, ma un portafoglio vuoto.
Lo Stato doveva mantenere un esercito, pagare i funzionari e finanziare una costosa e burocratica macchina imperiale.
Senza un efficace sistema fiscale centralizzato e con una crescente avversione al debito internazionale, emerse un’idea innovativa: creare una lotteria di Stato che, oltre a intrattenere il popolo, potesse riempire le casse pubbliche.
Ispirazione italiana con un timbro imperiale.
La proposta non era poi così inverosimile.
Altrove in Europa, le lotterie pubbliche erano già state utilizzate con un certo successo.
In particolare, la Lotteria di Genova, creata nel XVII secolo, servì da modello: in essa, i numeri vincenti corrispondevano all’elezione dei membri del consiglio di governo.
Era un sistema che combinava politica, fortuna e finanziamento popolare.
Nel 1760, il Consiglio dei Paesi Bassi austriaci propose un sistema simile, ma semplificato: una lotteria di Stato tradizionale, con vendita dei biglietti, estrazione dei numeri e premi in denaro.
L’idea fu presentata come un modo legittimo, moderno e controllato per raccogliere fondi senza ricorrere a nuove tasse.
La lotteria fu ampiamente pubblicizzata nelle città di Bruxelles, Anversa, Bruges e Gand.
Il governo stampò opuscoli e inviò banditori per incoraggiare la popolazione.
La lotteria prometteva ricchi premi e un’equa distribuzione.
Si parlò persino di una frequenza regolare, come una sorta di emissione periodica di debito popolare.
Fiducia del pubblico e successo iniziale
Con sorpresa di molti burocrati, la popolazione rispose con entusiasmo.
In un’epoca in cui le banche non erano accessibili ai cittadini comuni e i sistemi di investimento erano riservati a nobili e mercanti, una lotteria sostenuta dall’impero rappresentava un’opportunità unica per arricchirsi.
I biglietti venivano venduti a prezzi che persino i contadini potevano risparmiare.
Il governo sperava di raccogliere somme considerevoli e sembrava riuscirci.
Ma presto iniziarono i problemi.
Con l’avvicinarsi della data della lotteria, i contabili imperiali scoprirono una falla nel modello finanziario: i premi promessi superavano di gran lunga il denaro effettivamente raccolto.
Se tutti i premi fossero stati pagati, lo Stato avrebbe perso denaro.
Questo, in termini moderni, era una “sovra-vendita dei profitti” o, per dirla senza mezzi termini, una cattiva gestione del rischio.
L’amministrazione imperiale fu presa dal panico.
Sabotaggio: Annullamento per “ragioni morali”.
Di fronte all’imminente catastrofe finanziaria e al timore di perdere il prestigio imperiale, il governo decise di annullare la lotteria.
Ma non potendo farlo apertamente per ragioni economiche, ricorse a un argomento più… comodo.
Un editto emanato da Vienna dichiarò che le lotterie erano contrarie ai valori morali e religiosi del popolo cattolico.
Si sosteneva che incoraggiassero l’avidità, l’ozio e il disordine.
Lo stesso strumento che era stato promosso da chi era al potere si trasformò, da un giorno all’altro, in un peccato civico.
L’annullamento fu mascherato da atto di virtù.
Rivolte e sfiducia: la popolazione risponde
La popolazione non era così ingenua.
In diverse città, si verificarono manifestazioni spontanee e proteste nelle parrocchie, soprattutto a Gand e Lovanio.
Gli acquirenti chiedevano la restituzione del denaro investito nei biglietti.
Alcuni addirittura accusarono lo Stato di aver commesso una frode.
L’episodio lasciò un segno profondo nel rapporto tra cittadini e istituzioni finanziarie pubbliche.
Da allora in poi, i tentativi di introdurre prodotti finanziari statali nei Paesi Bassi austriaci incontrarono una notevole resistenza.
Il termine “lotteria” divenne per anni sinonimo di inganno imperiale.
Fallito
Questo capitolo dimenticato della finanza europea è una perla nascosta per diversi motivi.
In primo luogo, perché dimostra come la fiducia nell’emittente sia cruciale per qualsiasi prodotto finanziario.
Se lo Stato – la massima autorità – sabota la propria promessa, distrugge non solo la propria immagine, ma anche la possibilità di utilizzare strumenti simili in futuro.
In secondo luogo, perché ci ricorda che gli strumenti di investimento non sono una novità: la lotteria di Stato del 1760 era, in sostanza, una forma di debito popolare mascherato dal caso.
La promessa di rendimenti elevati e immediati con un investimento contenuto è attraente oggi come lo era allora.
In terzo luogo, perché evidenzia come, nel corso della storia, i governi abbiano camuffato le decisioni finanziarie dietro argomentazioni morali, una strategia ancora prevalente, sebbene più sottile, in molti discorsi contemporanei sulla regolamentazione finanziaria, sulle criptovalute o sul risparmio pubblico.
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