Riassumendo …
Tirando le somme del 2023, i tre indici principali americani hanno avuto un comportamento leggermente difforme: difformità che sfugge alla pura analisi grafica dei tre rispettivi future.
Il Dow Jones Index e il Nasdaq Index hanno infatti superato i rispettivi massimi del gennaio 2022. L’S&P500 Index non è invece riuscito a sfondare tale livello, rispettando la previsione di un anno “costretto” all’interno del range del 2022.
Nell’analisi grafica dei rispettivi future, tutti e tre risultano superiori in valore assoluto ai massimi del 2022: anche se la presenza di differenziali significativi nei tassi di interesse rendono tale confronto viziato all’origine. Peraltro, ai future ci riferiremo, come sempre nelle nostre analisi.
Il momento peggiore del 2023 si è verificato a marzo, con i fallimenti delle banche che hanno evocato lo spettro del 2008, con un esagerato aumento improvviso di volatilità.
Quando tutto sembrava perduto o quasi, l’S&P500 ha toccato un minimo molto importante a 3839 il 13 marzo.
Giorno 13 che sembrava doppiare il minimo ben più profondo del 13 ottobre 2022 a 3502, ma che, soprattutto, era superiore ai minimi relativi precedenti di novembre e dicembre 2022, indizio che, comunque, il trend rialzista continuava a fare minimi crescenti e non era quindi compromesso.
Dopo il 27 luglio, l’S&P500 ha cominciato la sua discesa, durata 90 giorni, fino al 27 ottobre.
Da cui è poi partito un rally inusuale, praticamente senza soste significative fino all’ultimo giorno dell’anno, che ha portato al superamento dei massimi del 27 luglio, e a superare con il future il massimo storico del gennaio 2022 e a lambirlo senza superarlo con l’indice.
Il minimo del 27 ottobre è un classico affondo a 50 settimane, dopo il minimo del 13 ottobre 2022.
E’ anche, probabilmente, il punto di partenza dell’ultima grande spinta rialzista prima di andare a cogliere il minimo a 4 anni rispetto al minimo del Covid: minimo a 4 anni che ha, nei nostri algoritmi, una approssimazione di più o meno nove mesi.
Da come si sta comportando il mercato, sembra che la data più probabile per detto minimo con ciclo a 4 anni dovrebbe verificarsi entro 9 mesi dalla fine di marzo del 2024: quindi entro il dicembre del 2024 o gennaio 2025.
Nel frattempo, stiamo vivendo, invece, la spinta rialzista che condurrà al massimo dei due cicli a 50 settimane e a 4 anni: questo significa un rally che potrebbe continuare fino a fine aprile 2024, continuare in modo sostenuto su massimi importanti o anche nuovi massimi fino ai primi di giugno, per poi cominciare la parte discendente della parabola, che dovrebbe essere piuttosto robusta e vedere i minimi fra ottobre 2024 e gennaio 2025.
Dall’inizio del rialzo, siamo alla decima settimana di trend positivo.
L’onda rialzista non ha lasciato tregua ai ribassisti: anzi, l’unico modo per giustificare un rialzo così violento, è la morte progressiva delle posizioni ribassiste, con violente, improvvise e potenti giravolte di posizione che hanno accelerato il trend.
Facendo uno sforzo di individuare nel grafico una scomposizione dell’onda di rialzo di ben 726 punti in onde componenti, otteniamo il risultato seguente, da minimo a massimo:
27/10 – 09/11, 4122 – 4413, 291 punti
10/11 – 01/12, 4354 – 4607, 253 punti
07/12 – 20/12, 4548 – 4830, 282 punti
Dal 20/12 al 29/12, ultimo giorno di negoziazione dell’anno, il massimo è andato in estensione di altri 18 punti, fino a 4848: difficile dire, al momento, se è la conclusione della terza onda rialzista, oppure l’inizio della quarta onda.
Tenendo per buona l’ipotesi che il 20 dicembre si sia conclusa la terza onda, la somma delle tre è di 826 punti: questo significa una perdita di efficienza di appena 100 punti (circa il 12%) rispetto all’onda complessiva di 726 punti di rialzo, come dire una corsa quasi senza soste.
Raramente ci sono stati rialzi di questo tipo e il rialzo è ancora molto lontano dall’essersi concluso.
Il 20 dicembre il mercato ci ha dato un alert molto importante, che potrebbe ripetersi. In quel giorno, l’S&P500 ha stornato in modo violento, 87 punti di ribasso in poche ore, in un contesto di calma apparente.
Al di là delle motivazioni speculative (è vero: c’era un muro di call vendute sullo SPY, che ha rigettato indietro i prezzi), l’alert è molto chiaro, e ha un duplice significato: il primo, i ritracciamenti di questa onda rialzista saranno violenti e rapidi. Il secondo, quando l’onda rialzista finirà, aspettiamoci il peggio. Ma proprio il peggio.
Il 2024 si preannuncia essere un anno denso di contraddizioni. Provo ad enumerarle.
1) la grande illusione di un taglio dei tassi a breve termine; la nostra opinione è che non se ne parlerà, se se ne parlerà, prima di giugno 2024;
2) la situazione geopolitica mondiale: l’elevata probabilità di un coinvolgimento degli Stati Uniti in un ulteriore conflitto, a fronte delle minacce dichiarate da Russia e Iran e della reiterata minaccia della Cina su Taiwan, per ora solo sopita a causa delle difficoltà interne cinesi;
3) la probabilità tutt’altro che remota ed in continuo aumento del possibile uso di armi nucleari a scopo offensivo;
4) una campagna elettorale americana che esaspererà i toni all’inverosimile, e dove, forse, la comparsa di un terzo personaggio nella competizione potrebbe diventare, da una parte, una chiave risolutiva, e dall’altra una guerra senza quartiere di tutti contro tutti, che accentuerà ancora di più l’incapacità degli Stati Uniti di riuscire ad avere un governo capace effettivamente di governare;
5) l’incapacità strutturale cinese di porre rimedio alla crisi immobiliare;
6) una crisi grave del debito americano;
7) l’impossibilità di continuare a sostenere il sistema bancario americano con una espansione monetaria nascosta, che, se è vero che non genera inflazione nel breve termine, non potrà continuare all’infinito;
8) la possibile contrazione degli utili delle imprese a fronte di un prolungato periodo di tassi troppo elevati.
Mi dimentico qualcosa? Probabilmente sì, ma è sufficiente a definire il 2024 un anno di difficile svolta.
Il massimo che vedremo nel 2024, presumiamo nel primo semestre, come detto sopra, sarà un massimo importante. E la discesa successiva sarà quella tipica di un massimo assolutamente inconsistente e non correlato con i valori reali.
Proviamo a dare i numeri.
Il ciclo rialzista in corso può durare da 15-16 a 23-25 settimane. La prima settimana dell’anno è la decima: per arrivare a 15 settimane siamo nella settimana del 5 febbraio. Alla venticinquesima siamo alla settimana del 15 aprile.
Negli ultimi 25 anni, la stagionalità ci parla di un mese di gennaio piuttosto incerto, con un punto di inversione spesso collocato verso la fine del mese: variando il time frame a 25, a 15, a 10 e a 5 anni, si ottiene sempre che il 29-30 gennaio il mercato tende ad invertire la direzione, più spesso da un minimo che da un massimo.
Febbraio è il classico mese a due onde, con una forte probabilità di inversione a metà mese (più frequentemente da un massimo piuttosto che da un minimo): a fine mese tenta un nuovo cambio di direzione, in genere piuttosto debole, per arrivare al 15-20 marzo, dove la massima probabilità è di un minimo relativo, che poi dà origine ad una forte spinta rialzista destinata spesso a durare per tutto aprile.
L’anomalia di eccesso rialzista rende invero piuttosto difficile proiettare i valori di un possibile target.
Se volessimo ipotizzare soltanto una ulteriore gamba rialzista sopra quelle attuali, a partire dal minimo del 20 dicembre, il target sarebbe 5042/5060 entro fine gennaio.
Tale valore, è nell’ipotesi di un prosieguo della stessa velocità di salita e di una tenuta del minimo del 20 dicembre, come minimo di ripartenza al rialzo.
Se invece gennaio dovesse vedere una fase di tendenza latero-ribassista, e quindi di rallentamento del trend, il target di cui sopra potrebbe essere spostato a metà febbraio o addirittura ad aprile: ma significherebbe un cambio molto significativo della forza rialzista, cambio di cui al momento non c’è alcuna traccia.
Se vedremo 5040/5060 entro metà febbraio, il massimo di aprile potrebbe essere una ulteriore onda che aggiunge circa 200 punti ai massimi: vale a dire area 5250, che significherebbe un’onda complessiva di 1.128 punti dal minimo del 27 ottobre.
La probabilità statistica non è affatto a favore di tale scenario. Anzi, la probabilità di un ritracciamento più profondo del minimo del 20 dicembre è, in termini di pura statistica applicata, molto maggiore che non il prosieguo con il ritmo anzidetto.
Ma l’S&P500 può ritracciare alla quinta onda (cioè alla fine della terza onda rialzista), ma non è da escludere possa farlo alla settima onda (alla quarta rialzista): che, in ipotesi, potrebbe essere iniziata proprio dal minimo del 20 dicembre.
Nel computo delle settimane, c’è ampio spazio per arrivare fino ad aprile: la variabile critica è la dimensione dei ritracciamenti, che, al momento sono stati così esigui da far prevedere massimi stellari.
Nel breve termine, nelle prime due settimane di gennaio, la volatilità stagionale del Vix è in calo, indizio di una tendenza laterale o latero-rialzista.
Tende ad aumentare nelle successive due settimane: da questo punto di vista, sembrerebbe di individuare un rallentamento della tendenza, con una prima fase laterale e una seconda fase di ribasso.
Se il minimo fosse a fine gennaio (punto di inversione nei nostri algoritmi), ci sarebbe spazio per l’allungo fino a metà febbraio con un target di rialzo importante.
La volatilità stagionale del Vix aumenta poi fra metà febbraio e metà marzo, che potrebbe essere il vero momento di pausa più significativo, prima dell’accelerazione verso il mese di aprile.
Se questo corrisponde a quanto avverrà, avremmo un mese di maggio con una forte probabilità di tenuta dei massimi (un massimo più basso o più alto di poco), prima che il mercato, in giugno, molli la presa rialzista.
E se la mollerà, significa la fine della festa e non meno del 20-25% di ribasso fino a gennaio 2025.
Nel corso delle prossime settimane verificheremo passo per passo le inevitabili variazioni che ci saranno alla nostra analisi, sulla base di quello che il mercato, nel frattempo, ci mostrerà.
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P.S.: Sul mercato delle opzioni, siamo arrivati al sostanziale azzeramento delle posizioni vendute sulle put.
Nessuno vende put, per paura di ribassi improvvisi. I broker e le casse di compensazione hanno alzato i margini, nella loro valutazione c’è qualche cosa di troppo anomalo nella spinta speculativa che hanno preso i mercati.
In realtà, questa situazione depone a favore di ritracciamenti più consistenti, quanto meno per rianimare gli utili dal versante delle put e riequilibrare la situazione sul mercato delle opzioni.
Se la repressione dei ribassisti è terminata, ci sarebbero molte ragioni per una tendenza ondulatoria del mercato più accentuata di quella vista finora, sostanzialmente uni-direzionale.
Per ora, sintomi non ce ne sono, ma potrebbero anche nascere all’improvviso.
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Maurizio Monti
Editore Istituto Svizzero della Borsa