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Che ti frega se l’America è great again

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I limiti del paradosso.

 

Baldoria.
Il 23 giugno scorso, dopo il weekend dell’attacco americano all’Iran, a mezzanotte, ora europea, l’S&P500 ha aperto a 5959, il minimo a 14 giorni sul future di settembre. 

E’ ripartito a razzo, e, in nostri contenuti precedenti, non abbiamo mancato di manifestare la sorpresa per la sostanziale indifferenza del mercato ad eventi di grande portata geopolitica.

Il mercato sta facendo baldoria, come se non ci fosse un domani.

 

Record storici.
Le attuali valutazioni del mercato azionario sono vicine ai record registrati poco prima dello scoppio della bolla delle dot-com del 2000.

E sembra sempre più probabile che assisteremo allo sfondamento alla grande di quei record, con l’asticella dell’elastico tirata sempre più in alto.

Il conflitto Iran-Israele sembra al momento archiviato: non si poteva dire lo fosse il 23 giugno, ma il mercato lo dava già seppellito nella memoria. 

Le relazioni USA-Cina non sembrano affatto andare per il verso giusto – gli USA, al di là della baldanza di Trump, si sono accorti di non poter fare a meno delle terre rare e delle batterie cinesi, che sono diventate le vere armi della Cina nella guerra commerciale in corso.

La Cina, fra l’altro, continua ad ostentare la sua potenza navale, a ridosso di Taiwan. 

Ma nulla sembra preoccupare il mercato.

 

Sotto la cenere
Nella giornata di venerdì 27 giugno, l’S&P500 future toccava una resistenza critica a 6235.

La reazione è stata furiosa, probabilmente assistita dai market maker, che hanno fatto scendere il mercato di 50 punti in pochi minuti. 

La volatilità si è impennata.

Ma dopo il momento di paura, è tornato il buy the dip.

Ok, staremo attenti, per oggi 6235 non lo superiamo.

E l’S&P500 torna a 6220, area in cui va a chiudere la settimana.

Nuovo massimo storico per l’S&P500, nuovo massimo storico per il Nasdaq.

Unico neo: il Dow Jones è rimasto indietro, segnando una chiusura settimanale in divergenza.

 

Rischio Trump
I dazi non sono più un problema per le borse, come se il fatto in sé non esistesse più. 

Questo è quanto meno strano: è evidente che la FED sia in stato semi-confusionale, non potendo prevedere le conseguenze della politica tariffaria. 

La “One Beautiful Bill” di Trump porterà il debito degli Stati Uniti in un rapporto rispetto al PIL simile a quello che aveva subito dopo la Seconda Guerra Mondiale. 

L’ipotesi di rendere noto il successore di Powell alla guida della FED, così come paventato dallo stesso Trump, è follia pura (non lucida follia, follia e basta).

Significa nominare un “governatore ombra”.

La fuga mondiale dal dollaro ha raggiunto livelli preoccupanti.

Il livello 1.20 dell’eurodollaro viene data come soglia di reazione e, se non ci fosse reazione, saremmo di fronte ad un fenomeno parossistico.

Infine, la politica Trumpiana continua a creare instabilità nel mercato dei Bond.

Di tanto in tanto i funzionari dell’amministrazione americana provano ad accennare la conversione dei titoli di stato americani in mano straniera in titoli a cedola zero a 100 anni.

Mi pare evidente che è un modo per allontanare gli investitori stranieri o per indurli a chiedere tassi più alti a fronte di un rischio percepito maggiore.

 

Ma i mercati
Dominati dalla massiccia presenza dei retail, sottodimensionati nella presenza degli alti istituzionali, i mercati se ne fregano di tutto. 

L’America è great again, anche se non si capisce dove, come e perché, e quindi le borse salgono e vanno ai massimi storici. 

Il paradosso ha vinto, al momento, contro la logica.

Del resto, chi ha mai detto che i mercati siano logici?

 

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