Quando la bolla scoppierà

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Non se, ma quando, leggi la storia 

 

Siamo in una bolla? Il mercato azionario è o no in una bolla?

Allo sportello della nostra banca, che ci ha venduto i suoi fondi, ci rassicurano: macché bolla, il coronavirus passerà, l’economia tornerà a risplendere e, nel frattempo, le banche centrali con il loro provvidenziale intervento (voluto direttamente da Dio, fra un po’ sosterranno questo) tengono in salvo i listini azionari nell’interesse degli investitori e dei risparmiatori, nell’attesa del grande momento in cui finanza ed economia torneranno insieme a braccetto festeggiando il superamento definitivo della crisi. E perché no di tutte le crisi anche future.
 
L’intervento delle Banche centrali è come il ruffiano che dice alla coppia di sposi di attendere il grande giorno delle nozze, quando finalmente potranno consumare il loro matrimonio. La sposa vergine, lo sposo felice. Il ruffiano, pagato, che ingrassa …
 

Sì, lo so che a qualcuno non piace questa mia interpretazione della sacralità delle banche centrali. Lo so, stanno salvando l’umanità, il mondo, i nostri bambini, tutto quello che abbiamo. Lo so, loro sono mandate dalla Provvidenza. So che mi scriveranno in tanti dicendomi: e allora lei che cosa farebbe se non inondare di liquidità il mercato per salvare le borse?
 
Che cosa farei io, lasciamo stare. Non ne ho i poteri, non ne ho la possibilità, non c’è il presupposto politico e la coscienza mondiale sufficientemente matura per capire che all’origine del problema c’è l’ineguaglianza economica e su quella bisogna agire. Nei prossimi anni capiremo, ora non abbiamo ancora capito.
 
Quello che intendo invece sostenere è l’effetto finale di quello che sta accadendo. E io sostengo che siamo in una bolla. E che come tutte le bolle, non è un problema se scoppierà, ma quando scoppierà, perché certamente scoppierà. Rendendo qualcuno molto più povero e qualcuno che certamente ne ha meno bisogno molto più ricco.
 
Ci sono molti indicatori a dirci con chiarezza che siamo dentro una bolla. Vediamone alcuni.
 
Nel 2000, il 6,6% delle azioni dei listini americani quotavano ad un prezzo pari a più di dieci volte le vendite per azione. Un po’ come dire: una azienda fattura un milione di dollari, tu la compreresti per più di dieci milioni di dollari?
 
Le statistiche che abbiamo all’Istituto Svizzero della Borsa ci dicono che quello fu il più alto valore della storia dei listini.
 
Oggi, il 6,2% delle azioni dei listini americani quotano ad un price-to-sales ratio (questo il nome tecnico dell’indicatore di cui sopra) superiore a 10. Siamo vicinissimi al record storico del botto delle dot-com. La statistica prende in esame, oggi, più di 8500 titoli e censisce ben 530 azioni in questa condizione.
 
Quattro delle top ten, cioè delle prime dieci azioni per capitalizzazione del listino americano, sono in tale condizione: annoveriamo Microsoft, ma anche l’ineffabile Tesla, piuttosto che Visa e Facebook.
 
Nel 2000 erano in tre nelle top ten: Cisco, Intel e Oracle, tre nomi certamente importanti, ma che ci fanno ben capire che cosa significa una bolla. Nessuna di queste tre è più una top ten.
 
Nelle ultime settimane, molto si è parlato di un indicatore utilizzato da Warren Buffett: ovviamente, trattandosi di un dato che avvalora la tesi della bolla, si è cercato di farlo passare come la simpatica e un po’ giocherellona interpretazione del grande vecchietto della finanza.
 
Si tratta invece di un indicatore macro molto intelligente e semplice, che rapporta la capitalizzazione totale delle aziende statunitensi rispetto al prodotto interno lordo degli Stati Uniti e che Buffett ha posto all’attenzione degli investitori di tutto il mondo fin dal 2001.  

Nel 1991 l’indicatore segnava 0.6 (60% di rapporto). Nel 2000 1.4 (140%). Ad agosto 2020 è 1.78 (178%). L’S&P500 da solo è 1.5.
 
A significare la diversità della crisi attuale da quella del 2008, per coloro che erroneamente continuano a paragonarla, a novembre del 2007 l’indicatore era pari a 1.
 
Nella crisi del 1929, ci fu un titolo all’epoca molto famoso che crollò rovinosamente con tutto il listino. Parlo di RCA: pensa all’impatto della radio in quell’epoca e di come negli anni venti essa potesse diventare facilmente preda dell’effetto bolla.
 
Il titolo RCA crollò dai 114 dollari del settembre del 1929 a 40 dollari, alcune settimane successive.
 
Tesla: l’impatto dell’auto elettrica nel nostro immaginario. Ti ricorda RCA e l’impatto che ebbe la radio in quel tempo?
 
Martedì 15 settembre scorso alle 10.30, è andato in onda su Traders’ Webinar il Martedì della Borsa, il settimanale dedicato all’analisi dei mercati internazionali e, soprattutto, dei titoli migliori di casa nostra su cui puntare. Al Martedì della Borsa, abbiamo mostrato il metodo Scelta Vincente, progettato da Giorgio Pallini e realizzato in collaborazione con Traders’ Magazine Italia.
 
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P.S.: Non se, ma quando. La bolla si gonfia finché il mercato vuole farla gonfiare. Parleremo di altre bolle del passato, nelle prossime puntate di queste colonne. Perché conoscere il passato ci aiuta a capire il presente e pianificare il futuro. Diceva un ascoltatore, gli eventi esogeni turbano le statistiche. Ma gli unici dati certi che abbiamo sono nel passato. Impariamo da quelli, coscienti che nessuno legge il giornale di domani. Clicca per iscriverti e vedi la registrazione.


 

Maurizio Monti

 

Editore TRADERS’ Magazine Italia