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6 maggio 2010: la grande paura che può ritornare

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Nessuno ha dimostrato perché.

Prova ad impostare il grafico settimanale dell’S&P500.

Congiungi con una trend line due massimi molto discrezionali: uno molto evidente per importanza, il massimo di agosto del 2020, ripresa dalla crisi del Covid. Il secondo massimo, quello del settembre 2022, blando tentativo di recupero prima del grande affondo del 13 ottobre dello stesso anno, ancora oggi minimo strategico a 3502.

Tale linea, in avanti, tocca punti importanti del grafico e continuerà ad avere un significato futuro di punto di incontro con i prezzi dell’S&P500. Ma all’indietro, nel passato ti riserverà una sorpresa.

Il minimo del marzo 2009, infatti, passa da quella linea.

Farà da supporto del mercato con il grande minimo della prima decade di luglio 2010, verrà poi ritestato ad agosto dello stesso anno e sopporterà il peso del mercato rialzista post-crisi finanziaria fino a giugno-luglio del 2011.

Per essere frantumato, poi, dalla esplosione della crisi dell’euro e dei debiti sovrani europei, nel terribile agosto del 2011.

Il periodo dopo il minimo del marzo 2009 è stato uno dei più rialzisti della storia. Ed è interessante esaminarlo in raffronto ai tempi rialzisti che viviamo.

L’S&P500 fece nove settimane consecutive di rialzo, una di ritracciamento e altre tre di rialzo, portandosi dal minimo di 666 al massimo di 957: un incredibile + 43.6% in 13 settimane.

Il ritracciamento che ne seguì fu significativo e si protrasse per cinque settimane: il minimo fu a 865 nel luglio del 2009, livello da cui l’S&P500 tornò rialzista.

La fase rialzista successiva fu molto frastagliata: durò la bellezza di 27 settimane fino a 1148, di cui 15 settimane positive, 5 stazionarie laterali e 7 di ribasso.

All’ultima settimana di ribasso ne seguirono consecutive altre quattro di ulteriore ritracciamento con il minimo a 1040, raggiunto a febbraio 2010.

Seguirono 11 settimane di ciclo rialzista, di cui 9 settimane positive e 2 negative. Massimo sulla media mobile a 200 settimanale ad aprile 2010.

Primo cenno di ritracciamento alla dodicesima settimana e poi …

E poi la tredicesima settimana. Già, la numero 13 dal minimo di febbraio.

Era la prima settimana di maggio.

Iniziata di sabato, il primo giorno di borsa fu il 3 maggio del 2010. Dopo la settimana ribassista precedente, l’S&P500 il lunedì tentava un recupero: un classico ri-test dei massimi, con doppio massimo mancato.

Così, il martedì 4 maggio il mercato confermava la fase ribassista.

Il segnale definitivo di ribasso veniva poi il giorno successivo, il 5 maggio, con una candela molto più incerta, anche se negativa, ma che chiudeva, alle 22, sotto la media mobile giornaliera a 50 periodi.

Così, il 6 maggio c’era, forse, da aspettarsi un ribasso ulteriore. Ma era un giovedì e spesso, il mercoledì, è giorno di inversione, almeno temporanea.

Così il mercato, nella fase iniziale del 6 maggio mostrava accesa battaglia fra ribassisti e rialzisti. 

L’S&P500 aveva aperto sul Globex a mezzanotte ora europea a 1168, esattamente sotto la media mobile a 50, e dava qualche segno di debolezza.

L’Europa non era molto in vena, cominciando ad intuire il cedimento degli indici americani.

Il mercato cominciò a scendere all’inizio dell’orario di negoziazione americano, dopo le 15.30 ora europea, non mancando di fare nei primi 20 minuti la consueta spazzolata sopra e sotto il prezzo di apertura.

Fino alle 20, l’S&P500 scendeva un poco, ritracciava come vuole il suo classico mean reverting, ma continuava la discesa.

Sembrava comunque un giorno di normale discesa.

Nessuno si aspettava un giorno destinato a passare alla storia.

Dopo le 20, il mercato sembrava molto più volatile. C’erano degli strappi significativi nei prezzi, addirittura qualche salto di prezzo, stile fast-market. Ma nulla di così significativo da mettere in allerta.

Arrivarono le 20.30 … l’S&P500 sembrava mostrare una grande voglia di fare un affondo. Un’occhiata alle posizioni, tutto ok, si sarebbe detto, nulla di particolare, nulla di allarmante.

Alle 20.32, un barra ad un minuto gigantesca cominciò a inondare i grafici. Un errore del broker nel rappresentare il grafico? Una notizia sconvolgente?

La forma sinistra della barra ad un minuto divenne uguale a quella a cinque, a dieci minuti … il mercato veniva giù a mo’ di crollo, senza alcuna ragione che lo giustificasse.

Alle 20.42, erano passati 10 minuti, la barra ad un minuto successiva fu spaventosa. Era anche evidente che il grafico era in sensibile ritardo rispetto alla quotazione effettiva.

Sulla piattaforma del broker il prezzo dell’e-mini S&P500 incominciò ad assomigliare ad una slot machine azionata da un malato di ludopatia, prezzi impossibili da leggere, prezzi in disaccordo, perfino, fra la piattaforma e il grafico …

L’indice Vix era partito intorno al valore 23 a inizio giornata, già piuttosto alto, risentendo del clima di ribasso in atto dalla settimana precedente. Intorno alle 20.45 segnò un massimo relativo a 35 e poi superò 40 …

Alle 20.47, con il Vix impazzito, l’S&P500 future toccava il meno 9% intraday, a 1056.

Era sconvolgente. Le notizie davano solo la notizia del crash. Ma veniva da pensare all’inizio di una guerra nucleare.

Sui minimi raggiunti, l’S&P500 stazionò alcuni minuti, ritestandoli, facendo pazzesche spike verso l’alto, seguiti da perdita improvvisa di forza. Ma il recupero era iniziato, il Vix stava scendendo.

Erano le 21.07 quando l’S&P500 segnò 1122 punti. Un meno 4% dal massimo, che era ben diverso dal meno 9% di qualche minuto prima.

Il Vix era disceso a quota 32-33, oscillando intorno a tali valori. Un incremento di volatilità intraday di 10 punti circa, diverso dal picco di quasi 18 punti di qualche minuto prima.

Dire che alle 22 si tirò un sospiro di sollievo non è per nulla esatto. Quando sul mercato non si capisce che cosa sia avvenuto, non c’è sospiro di sollievo che tenga.

Per pochissimo tempo, l’S&P500 aveva perforato la media mobile giornaliera a 200 periodi, essendo partito a ridosso di quella a 50. Non capiterà spesso nella vita di vederlo una seconda volta.

Il giorno dopo, il sette maggio, il mercato era in preda alla paura. Anzi, al panico.

Nessuna spiegazione ufficiale di quello che era avvenuto, polemiche di tutti i tipi verso i regolatori, caos indescrivibile sulle posizioni di molti grandi operatori, broker sull’orlo di una crisi di nervi, un oceano di conti finiti in margin call.

La distruzione di ricchezza era stimata sull’ordine del trilione di dollari. Non era ancora un’epoca, come oggi, dove il termine “trilione” era così frequente. E provocò molta paura.

Il Vix oltrepassò di nuovo quota 40. L’S&P500 ritornò ad affondare, toccò di nuovo la media mobile a 200, ci chiuse sopra, ma non osò oltrepassarla.

La settimana dopo, l’S&P500 tornò di nuovo ad un temporaneo rialzo, a lambire la media mobile a 50. Ma poi il mercato tornò a scendere, in modo più regolare, ma in un clima di paura. Anzi, di terrore, parliamo con sincerità.

Malgrado la discesa fosse graduale, senza apparente accelerazione, quando il 20 maggio l’affondo fu un po’ più rapido, e la media mobile a 200 venne ancora una volta perforata, il Vix esplose a 48.

Non perché ce ne fosse una ragione specifica. Semplicemente perché si stavano rivedendo i valori del 6 maggio e ormai vedere un affondo del mercato incuteva terrore.

Il mercato rimase in tono ribassista, sotto la media mobile a 200 e affondando ancora di più, fino a settembre.

La paura fu riassorbita, e il Vix rientrò su valori più normali.

Il maggio del 2010 era passato … e lo avremmo ricordato per tutta la vita.

Da episodi come questo, si devono trarre lezioni utili per il nostro trading.

Ho volutamente analizzato ciò che era avvenuto nei 14 mesi precedenti il flash-crash del 6 maggio. Il periodo 6 marzo 2009-6 maggio 2010 è un esempio molto brillante di quello che avviene quando c’è un eccesso.

Quel periodo fu un eccesso rialzista: si usciva dalla crisi finanziaria del 2008-2009. Erano fallite 2000 banche negli Stati Uniti. Avevamo visto cose che nella vita ci si augura di non vedere mai.

Quell’eccesso rialzista aveva creato un clima di grande euforia. Enorme euforia. Nove settimane di rialzo consecutive, dopo il 6 marzo 2009, una sola di ribasso e altre tre di rialzo per fare un +43%. Poi 4-5 settimane di ribasso.

Proviamo a fare un confronto con il mercato attuale. Dal minimo del 27 ottobre, 9 settimane di rialzo consecutive, una di ribasso, altre cinque di rialzo, una di ribasso e un’altra di rialzo. 17 settimane, di cui 15 rialziste.

Non è finita qui, con molta probabilità il clima rialzista ci accompagnerà fino ad aprile, forse a maggio-giugno.

La probabilità di un ritracciamento, ora, nelle prossime due settimane, è così sfacciatamente alta da essere increduli non sia ancora avvenuto.

Ma l’euforia crea questi fenomeni rialzisti.

Il climax dell’euforia vede spesso la trasformazione improvvisa in panico. Il mercato entra in una sorta di senso di colpa da eccesso di rialzo. E la giravolta è improvvisa e può essere violenta.

Le opzioni zeroday, e comunque la massa di opzioni con scadenza molto breve, oggi, forniscono una tendenza al mercato di movimenti compressi in un sandwich giornaliero. Ma quando le pareti del sandwich vengono infrante, l’accelerazione è perfino più forte.

Attenzione all’iper-confidence. La fine del rialzo, fra aprile e giugno, potrebbe dare origine a qualche cosa di molto difficile da dominare.

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P.S.: Molte indagini vennero fatte dai regolatori per dare una spiegazione a quanto era avvenuto.

Nondimeno, il 6 maggio 2010 è rimasto nella storia come uno dei giorni più terribili e più inspiegabili del mercato americano e mondiale.

Di sicuro, erano i primi tempi dell’applicazione di più moderne tecniche di trading ad alta frequenza.

E non si era ancora immaginato di bandire, da tale tipo di trading, ad esempio, i trade “finti” che servivano per creare illusione di domanda, venendo poi cancellati.

Un mestiere che le macchine erano in grado di fare a ritmi di decine di migliaia al minuto, alterando le condizioni di leggibilità del mercato, e, addirittura, causando prosciugamenti di liquidità.

Ci vollero 5 anni e un secondo flash crash nel 2015, perché i regolatori bandissero questo tipo di trading, lasciando, ovviamente aperto il canale del trading ad alta frequenza.

Quando il mercato crollava, sicuramente le posizioni che si giravano short contribuirono all’accelerazione ribassista.

Ma la causa prima, vera, scatenante il crollo non fu mai spiegata in modo convincente ed esauriente, con un rapporto di causa-effetto certo e dimostrabile. 

Quello che è avvenuto, avverrà di nuovo. Non in modo uguale. Si dice che la storia non si ripete uguale, ma fa rima.

Siamo in una bolla rialzista: chiunque cerca di convincere il pubblico del contrario, lo fa per un secondo fine.

Seguiamo il trend rialzista, siamo consapevoli che un po’ di pausa può starci, e che il rialzo proseguirà ancora … ma non pensiamo che questo è il mercato, questa è la bolla rialzista del mercato.

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Il 21 giugno prossimo ritorna Opzionaria Friendly Tour nel suo format di una giornata intera di grande Cultura delle opzioni nell’Aula d’Onore della SAA, all’Università di Torino.

Nella seconda Master Edition passeremo insieme una fantastica giornata a mercati aperti, nel giorno della scadenza tecnica trimestrale: analizzeremo la Mappa del Mercato, man mano che si forma nel corso della giornata, esamineremo strategie operative da mettere a mercato, valuteremo il timing corretto, metteremo sotto la lente la volatilità della giornata, e le prospettive per i giorni e le settimane successive.

Vedremo la stagionalità, l’analisi grafica, i volumi, gli open interest, gli indicatori, gli algoritmi di prezzo e tempo, i diversi modelli di costruzione delle strategie operative: saranno sette ore di grande Cultura, in cui condivideremo la Conoscenza e la Passione per i mercati.

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Maurizio Monti

  Editore Istituto Svizzero della Borsa

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