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50 anni di S&P500 ci dicono che …

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Uno studio dell’Istituto Svizzero della Borsa

Il comportamento degli indici americani oscilla fra l’illusione di una FED infallibile e la paura che questo non sia più vero.
 
Questa è la spiegazione più plausibile del frenetico su e giù che ha animato i listini negli ultimi giorni e delle nevrotiche reazioni del mercato a partire dal venerdì successivo al ThanksGiving, dove è esplosa la paura che covava sotto la cenere fin dai primissimi giorni di novembre.
 
Nelle nostre previsioni non vediamo affatto positivo il primo trimestre del 2022. E saremo più precisi presto, spiegando che cosa intendiamo dire.
 
Ora, però, dobbiamo ancora pensare a che cosa avverrà nei prossimi giorni. Diciamo fino al 15-16 gennaio.
 
Prendendo in considerazione l’S&P500, è evidente che la resistenza formatasi nell’area 4700, sia pure con i sussulti di volatilità, fino a 4752 è molto forte e dura da rompere.
 
L’ultimo tentativo di violarla ha dato origine al forte ribasso di giovedì e venerdì scorso, finito per toccare la media mobile a 50 periodi nell’area dei 4590, per poi immediatamente ripiegare sopra 4600, a 4610.
 
Se venisse rotta tale area di supporto andremmo alla media mobile a 100 periodi a 4515 con punte di volatilità fra 4490 e 4500.
 
Se la media mobile a 50 periodi riesce a tenere assisteremmo all’ennesimo tentativo rialzista: dal 5 novembre sono stati diciotto i tentativi di rompere la resistenza.
 
La quantità di stop loss che si sono infranti su tale resistenza è incalcolabile.
 
È possibile che ci sia un forte desiderio da parte dei gestori di non calcare la mano per non rischiare di rovinare i risultati del 2021, in un periodo dove la paura emerge molto facilmente da sotto la cenere.
 
Abbiamo provato a ipotizzare uno scenario rialzista, se ci sarà, fino al 16 gennaio, indagando sul passato.
 
Le statistiche dell’Istituto Svizzero della Borsa ci dicono che negli ultimi 50 anni il periodo 16 dicembre-16 gennaio sull’S&P500  è stato positivo 38 volte. Solo 12 negativi.
 
Guardando l’epoca più recente, negli ultimi 20 anni, solo 4 volte il periodo preso in esame ha chiuso in negativo: nel 2005, 2008, 2009, 2016.
 
Sono quindi cinque anni consecutivi che alla data del 16 gennaio l’S&P500 registra una performance positiva nel periodo preso in esame. Se avvenisse nel 2022 sarebbe il sesto anno consecutivo positivo.
 
Sei anni consecutivi positivi è avvenuto già due volte nella storia, e dobbiamo ricorrere per vederli agli ultimi 23 anni di storia.

Prima di 23 anni fa non si è mai verificato. Questa sarebbe la terza volta in 23 anni. Diciamo che siamo nella fase delle probabilità che calano.
 
La media semplice aritmetica di rendimento degli ultimi 5 anni è stata del 2,3%, il drawdown medio l’1,8%.
 
Nell’ultimo periodo chiuso con rendimento negativo, come detto sopra è stato il 2016, la perdita è stata del 7,98%.
 
Partendo da 4660, chiusura del giorno 16 dicembre 2021, applicando i valori medi di cui sopra, per puro esercizio, un ribasso dell’1,8% significa 4576. E un rialzo del 2,3% significa 4767. Valori, questi, calcolati sulle chiusure giornaliere.
 
Tutto questo non quadra con la previsione dell’algoritmo di prezzo che vede l’S&P500 a 4859 come target. Ovvero detto target andrebbe spostato più avanti nel tempo, ammesso che ci sarà.
 
L’arrotondamento di un giorno, peraltro è abbastanza significativo: nel senso che se partissimo dalla chiusura del giorno precedente a 4700, avremmo come valore minimo, applicando la media, di 4615: molto simile ai 4610 che abbiamo visto venerdì.
 
Il valore superiore sarebbe 4808. E negli ultimi 40 giorni abbiamo visto fiondate di volatilità di 50 punti sopra i massimi di chiusura: questo farebbe quadrare la previsione di prezzo a 4859, come valore massimo dell’S&P500 entro il 16 gennaio.
 
In tutto questo, ciò che meno mi piace è quella serie continuativa di sei anni positivi. È vero, è avvenuta due volte nell’epoca relativamente recente. Ma sei volte consecutive è una serie che diminuisce il conteggio delle probabilità.
 
Se dimezziamo il campione iniziale di 50 agli ultimi 25 anni, ci sono state 5 perdite in 25 anni, il 20%. La media storica dei 50 anni è invece del 24%. Se il ventiseiesimo anno, il 16 gennaio 2022, chiudesse in perdita sarebbero 6 su 26, il 23%, molto simile alla media storica. Se chiudesse in profitto, sarebbero 5 perdite su 26, pari al 19%, simile alla media degli ultimi 25 anni.
 
Quindi, per concludere, l’incertezza regna sovrana, ma se siamo a favore di una fiondata rialzista, i valori potrebbero essere quelli citati sopra. Forse poi dovremo dimenticare di vedere rialzo per un po’ di tempo: di questo parleremo più avanti.
 
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Maurizio Monti

  Editore Istituto Svizzero della Borsa

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